“Nessuna idea è troppo folle quando si fa brainstorming.” – Alex F. Osborn

Il brainstorming è una delle tecniche più note e utilizzate per stimolare la creatività, generare idee innovative e risolvere problemi in modo collaborativo. Nonostante oggi sia largamente diffuso in contesti aziendali, scolastici e creativi, non tutti sanno che la sua origine è ben precisa e legata a una figura specifica: Alex Faickney Osborn.

Osborn era un pubblicitario statunitense e co-fondatore dell’agenzia BBDO (Batten, Barton, Durstine & Osborn). Intorno agli anni ’30, insoddisfatto dei risultati ottenuti nei meeting tradizionali, cominciò a sperimentare nuove modalità di lavoro di gruppo, nel tentativo di sbloccare il potenziale creativo dei suoi collaboratori. L’intuizione che rivoluzionò il metodo di lavoro fu semplice ma potente: separare la fase di generazione delle idee da quella del giudizio critico.

Alex Osborn inizialmente chiamò la tecnica think-up sessions. Solo successivamente scelse il termine brainstorming, definendolo come “l’assalto al cervello per catturare idee”. L’idea era quella di liberare la mente da ogni freno e farla tempestare da pensieri creativi.

Nel 1942 introdusse ufficialmente il termine brainstorming nel suo libro How to Think Up. L’idea si diffuse rapidamente grazie alla successiva pubblicazione di Your Creative Power (1948), in cui Osborn spiegava i principi della creatività applicata al mondo del lavoro. Il brainstorming si affermò così come metodo strutturato e replicabile, capace di stimolare l’originalità all’interno dei gruppi.

Nel corso dei decenni, il brainstorming ha attraversato numerose trasformazioni, adattandosi ai cambiamenti culturali, tecnologici e organizzativi. Se all’inizio veniva utilizzato soprattutto nel mondo pubblicitario, oggi trova spazio nei settori più diversi: dal design all’ingegneria, dalla formazione scolastica all’innovazione sociale.

Con l’avvento del digitale, la tecnica è stata reinterpretata in molte varianti, tra cui il brainstorming online o asincrono, in cui i partecipanti collaborano a distanza attraverso strumenti digitali come lavagne condivise, forum, piattaforme collaborative. Questo ha permesso una maggiore inclusività e accessibilità, rendendo la tecnica ancora più versatile.

Con lo smart working, molte aziende sono passate a strumenti e app di brainstorming virtuali come Miro, Mural o Google Jamboard. Questi strumenti permettono una partecipazione asincrona e una migliore visualizzazione delle idee.

Parallelamente, la psicologia e le scienze cognitive hanno iniziato a studiarne i meccanismi, portando alla luce vantaggi e limiti. Ad esempio, si è scoperto che alcuni gruppi funzionano meglio se prima si raccolgono idee individualmente (brainwriting) per poi condividerle, riducendo il rischio che le dinamiche di gruppo inibiscano i contributi più originali.

Numerosi psicologi hanno analizzato il brainstorming con esperimenti. Uno dei più noti è di Paul Paulus, che ha scoperto che nei gruppi può verificarsi il production blocking: solo una persona può parlare alla volta, il che frena la produzione di idee. È uno dei motivi per cui la scrittura simultanea può essere più efficace.

Il brainstorming è uno strumento fondamentale nell’ambiente scolastico perché stimola la creatività e il pensiero critico degli studenti. Viene utilizzato per raccogliere idee in modo spontaneo e senza giudizi, favorendo la partecipazione attiva di tutti. Durante una sessione di brainstorming, gli studenti possono esprimere liberamente i loro pensieri su un argomento, aiutando così a sviluppare soluzioni originali e approfondire la comprensione di un tema. Questo metodo è molto efficace sia in lavori di gruppo sia in attività individuali, poiché incoraggia la collaborazione e il confronto, elementi essenziali per un apprendimento dinamico e coinvolgente.

Anche molti sceneggiatori e studi di produzione cinematografica usano il brainstorming per sviluppare trame, personaggi o dialoghi. Le writer’s room di serie TV come The Simpsons o Breaking Bad si basano su veri e propri brainstorming collettivi.

A cosa serve il brainstorming

“Le migliori idee arrivano quando le menti si incontrano liberamente, senza giudizi.” – Edward de Bono

Lo scopo principale del brainstorming è generare idee. Ma dietro questa funzione apparentemente semplice, si cela una gamma molto ampia di applicazioni. Il brainstorming serve per trovare soluzioni a problemi complessi, per iniziare un progetto creativo, per esplorare nuove strategie, per migliorare prodotti o processi, o semplicemente per superare blocchi mentali.

La forza del brainstorming sta nella sua capacità di liberare il pensiero da vincoli e giudizi, almeno nella fase iniziale. Durante una sessione, infatti, ogni partecipante è incoraggiato a esprimere qualsiasi pensiero, anche il più assurdo, senza timore di essere valutato o corretto. Questa sospensione del giudizio è fondamentale per favorire la cosiddetta divergenza, ovvero l’apertura a più direzioni possibili.

Solo in un secondo momento le idee vengono analizzate, selezionate e sviluppate. Questo passaggio dalla quantità alla qualità è uno degli elementi chiave del metodo: più idee si producono, più aumenta la probabilità di trovarne di valide.

Sebbene il brainstorming sia noto per il lavoro di gruppo, diversi studi hanno dimostrato che spesso le persone generano più e migliori idee quando lavorano da sole prima di condividerle. Questo ha dato origine al cosiddetto brainwriting, una tecnica che unisce riflessione individuale e condivisione collettiva.

Come si fa una sessione di brainstorming

“Se tutti pensano allo stesso modo, allora qualcuno non sta pensando.” – George S. Patton

Condurre una sessione di brainstorming richiede, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, una certa organizzazione. Solitamente, la presenza di un facilitatore è fondamentale: questa persona ha il compito di guidare il gruppo, proporre la domanda iniziale, annotare le idee emerse e assicurarsi che le regole vengano rispettate durante tutto il processo.

Il primo passo consiste nel definire con chiarezza il problema o l’obiettivo su cui lavorare. È essenziale formulare una domanda aperta, capace di stimolare la creatività e di evitare risposte troppo limitate o scontate. Ad esempio, invece di chiedere “Come possiamo ridurre i costi?”, è più efficace porre una domanda come “Quali soluzioni alternative potremmo adottare per ottenere lo stesso risultato impiegando meno risorse?”.

Quando la sessione ha inizio, i partecipanti sono invitati a proporre idee liberamente, senza alcun filtro o giudizio. L’obiettivo principale è produrre il maggior numero possibile di spunti: più idee si raccolgono, maggiori sono le opportunità di trovare soluzioni innovative. È incoraggiata la spontaneità e la possibilità di costruire e sviluppare ulteriormente le proposte degli altri membri del gruppo.

Nella fase conclusiva, le idee raccolte vengono organizzate, analizzate e valutate in base a criteri quali la fattibilità o l’originalità, a seconda del contesto specifico. In alcuni casi, è prevista anche una seconda riunione, più mirata e approfondita, che consente di trasformare le intuizioni più promettenti in progetti concreti e operativi.

I benefici del brainstorming

“Durante un brainstorming non devi giudicare, devi generare.” – Tom Kelley

Il brainstorming offre numerosi vantaggi che vanno ben oltre la semplice produzione di idee. Uno dei principali benefici è la capacità di stimolare la creatività collettiva, mettendo in campo la diversità di pensiero all’interno di un gruppo. Quando più persone si confrontano liberamente, ognuna porta con sé esperienze, punti di vista e competenze differenti, e questo arricchisce il ventaglio delle soluzioni possibili. In questo modo, il brainstorming permette di superare i limiti del pensiero individuale e di aprirsi a prospettive nuove e inaspettate.

Un altro grande vantaggio è l’incremento del coinvolgimento e della motivazione. Partecipare attivamente a una sessione di brainstorming fa sentire ogni membro del gruppo parte integrante del processo decisionale, valorizzandone il contributo. Questo clima di collaborazione favorisce la coesione del team e rafforza il senso di appartenenza, aspetti fondamentali in qualsiasi contesto lavorativo o creativo.

Il brainstorming aiuta anche a superare i blocchi mentali e la paura di sbagliare. Durante la fase di generazione delle idee, il giudizio è sospeso e ogni proposta è accolta senza critiche, creando uno spazio sicuro dove sperimentare senza timori. Questa apertura mentale facilita l’emergere di soluzioni innovative, anche quelle più audaci o insolite, che altrimenti potrebbero rimanere nascoste.

Inoltre, praticare regolarmente il brainstorming migliora le capacità cognitive, allenando il pensiero laterale, la flessibilità e l’abilità di problem solving. La mente diventa più abile a collegare concetti diversi, a riformulare problemi e a immaginare scenari alternativi.

Infine, il brainstorming è uno strumento versatile che si adatta a molteplici ambiti: dalla progettazione di nuovi prodotti all’ideazione di campagne di comunicazione, dalla risoluzione di problemi organizzativi alla creazione di contenuti originali. Grazie a questi benefici, rappresenta una risorsa preziosa per chiunque voglia innovare, collaborare e trovare soluzioni efficaci in modo creativo.

Brainstorming e pensiero laterale

“L’errore più grande nel brainstorming è cercare subito la risposta giusta.” IDEO Design Thinking

Il brainstorming è spesso considerato un terreno fertile per il pensiero creativo. Ma quando si parla di creatività, non si può ignorare il ruolo del pensiero laterale. L’unione di questi due strumenti può generare risultati sorprendenti, soprattutto quando l’obiettivo non è solo trovare idee, ma scoprire soluzioni originali, fuori dagli schemi.

Il termine pensiero laterale è stato coniato da Edward de Bono negli anni ’60 per indicare un approccio non convenzionale alla risoluzione dei problemi. Invece di seguire la via più logica e diretta, il pensiero laterale invita a spostarsi di lato, cambiare prospettiva, sospendere i giudizi automatici e fare connessioni insolite. Proprio questo tipo di mentalità può rendere una sessione di brainstorming molto più ricca e produttiva.

Durante un brainstorming, spesso si tende a muoversi all’interno dei confini del pensiero logico: si cercano idee che abbiano senso, che siano facilmente realizzabili o che già funzionano in altri contesti. Inserire il pensiero laterale in questo processo significa invece creare spazio per l’assurdo, per l’illogico, per l’intuizione pura. Significa, ad esempio, chiedersi: “E se il problema non fosse quello che pensiamo?”, oppure “Cosa succederebbe se facessimo esattamente l’opposto di ciò che è previsto?”

Il brainstorming organizza la quantità; il pensiero laterale coltiva la qualità dell’originalità. Quando vengono integrati in modo consapevole, questi due approcci permettono di rompere la logica del già visto e portare sul tavolo soluzioni più audaci, innovative e a volte rivoluzionarie.

Il ruolo delle emozioni nel brainstorming

“Le idee sono come i conigli. Se ne hai un paio e impari ad averne cura, presto ne avrai dozzine.” – John Steinbeck

Anche le emozioni giocano un ruolo fondamentale nel processo creativo, anche durante una sessione di brainstorming. Sebbene spesso venga visto come un esercizio razionale, il brainstorming è profondamente influenzato dallo stato d’animo dei partecipanti. Emozioni positive, empatia e intelligenza emotiva favoriscono la generazione di idee, mentre ansia, stress o paura del giudizio possono limitarla.

Quando le persone si sentono a proprio agio, motivate e libere di esprimersi, la mente si apre a soluzioni più originali. In un clima di fiducia e ascolto, l’empatia aiuta a valorizzare ogni contributo, anche il più insolito. L’intelligenza emotiva diventa quindi uno strumento prezioso per creare un ambiente in cui la creatività può davvero fiorire.

Stimolare emozioni positive è possibile attraverso piccoli accorgimenti: scegliere ambienti piacevoli e luminosi, introdurre momenti di gioco o riscaldamento, incoraggiare la condivisione autentica. Anche semplici pratiche di mindfulness o respirazione aiutano a ridurre tensioni e a entrare in uno stato più ricettivo.

Così, il brainstorming si trasforma da esercizio tecnico a esperienza coinvolgente, in cui emozioni e idee si alimentano a vicenda, generando innovazione vera e condivisa.

Brainstorming e coaching

“Il brainstorming è l’arte di sospendere il giudizio mentre si semina il caos per raccogliere idee.” – Anonimo

Il brainstorming non è solo una tecnica utile nei contesti aziendali o creativi, ma può diventare anche uno strumento potente all’interno di un percorso di coaching. In effetti, entrambe le pratiche si fondano su un presupposto comune: le risposte non devono necessariamente arrivare dall’esterno, ma possono emergere dal confronto, dalla riflessione guidata e da un dialogo strutturato e stimolante.

Nel coaching, il ruolo del coach non è quello di fornire soluzioni, ma di facilitare il pensiero del coachee, aiutandolo a esplorare nuovi punti di vista, a superare blocchi mentali e a trovare dentro di sé risorse e possibilità spesso inespresse. Il brainstorming, in questo contesto, si rivela particolarmente efficace per generare opzioni, immaginare scenari futuri, individuare nuove strategie o semplicemente sbloccare un momento di indecisione.

Ad esempio, durante una sessione di coaching, il coach può proporre un esercizio di brainstorming in risposta a una domanda del tipo: “Quali possibili strade potresti percorrere per raggiungere questo obiettivo?”, oppure “In che modi alternativi potresti affrontare questa difficoltà?”. In questa fase, non si cercano risposte giuste o realistiche, ma si dà spazio alla creatività e alla libertà di esplorare, senza giudizio, ogni possibile opzione. È un modo per superare l’autocensura e accedere a una visione più ampia e generativa.

Ma il legame tra coaching e brainstorming va oltre l’aspetto tecnico. Entrambi si basano su una profonda fiducia nelle potenzialità delle persone e promuovono una comunicazione basata sull’ascolto attivo, sull’apertura e sulla costruzione condivisa. Proprio come in un brainstorming efficace non esistono idee sbagliate, nel coaching ogni pensiero, emozione o intuizione ha un valore e può offrire spunti preziosi per il cambiamento.

Il team coaching

“Una mente che si apre a una nuova idea non torna mai alla sua dimensione originaria.”– Albert Einstein

Nel team coaching, il brainstorming è molto più che una tecnica creativa: è uno strumento per attivare l’intelligenza collettiva e rafforzare la collaborazione. Il coach facilita la conversazione, aiutando il gruppo a generare idee in modo aperto e non giudicante. In questo spazio sicuro, ogni voce ha valore e ogni contributo può diventare un’opportunità di crescita.

Utilizzare il brainstorming permette al team di esplorare soluzioni, superare blocchi e affrontare problemi complessi con una mentalità più flessibile. Non solo stimola l’innovazione, ma favorisce anche l’ascolto reciproco, il rispetto delle differenze e la coesione tra i membri.

La fase di raccolta delle idee è seguita da un momento di riflessione e selezione, guidato dal coach, in cui il gruppo valuta insieme cosa è fattibile, cosa ispira e quali passi intraprendere. Questo processo rafforza il senso di responsabilità condivisa e la motivazione all’azione.

Come diventare team coach

“Pensa senza limiti. Poi trova un modo per farlo accadere.” – Richard Branson

Diventare un Team Coach significa acquisire le competenze necessarie per accompagnare i gruppi di lavoro verso una maggiore consapevolezza, efficacia e coesione. Non si tratta solo di saper gestire dinamiche di gruppo, ma di facilitare un processo trasformativo in cui il team impara a comunicare meglio, a prendere decisioni condivise e a lavorare verso obiettivi comuni.

Il percorso proposto da Master Coach Italia è pensato proprio per formare professionisti capaci di guidare i team attraverso un approccio sistemico, strutturato e basato sul coaching. Si tratta di una formazione completa, in cui teoria e pratica si intrecciano costantemente. I partecipanti apprendono come osservare le dinamiche relazionali, come intervenire in modo non direttivo, e come creare lo spazio per una riflessione profonda all’interno del gruppo.

Il programma include moduli fondamentali come:
– comunicazione consapevole e ascolto attivo
– gestione dei conflitti
– facilitazione di obiettivi condivisi
– uso di strumenti come il brainstorming, la ruota del team o il contratto di team coaching
– osservazione delle dinamiche sistemiche e delle relazioni di potere

Una parte rilevante del percorso è esperienziale: si lavora su casi reali, si partecipa a sessioni simulate e si riceve supervisione. Questo permette ai futuri team coach di sviluppare sicurezza, presenza e flessibilità nel ruolo.

Al termine della formazione, i partecipanti sono in grado di progettare e condurre interventi di team coaching, sia in contesti aziendali che organizzativi, con l’obiettivo di stimolare l’apprendimento collettivo e favorire un cambiamento sostenibile nel tempo.

Ti consiglio un libro

“Una grande idea spesso sembra folle… finché non funziona.” Anonimo

“Guida al Team Coaching – 10 passi” è un libro che non si limita a parlare di teoria: è pensato per accompagnare concretamente in ogni fase di un intervento di Team Coaching. Ogni capitolo corrisponde a un passo del processo, con indicazioni chiare su cosa osservare, su quali aree lavorare e su come facilitare l’evoluzione del team. La guida offre un percorso già collaudato, arricchito da metodologie, esercizi applicabili, suggerimenti bibliografici e risorse multimediali di approfondimento.

Il libro aiuta a progettare con maggiore consapevolezza, a leggere meglio le dinamiche relazionali, e a creare interventi mirati, efficaci e professionali. Il contributo del Coach Adamo rende il tutto ancora più concreto, con esempi tratti dall’esperienza sul campo.

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Il nostro percorso formativo “Scuola di Coaching MCI” è riconosciuto da Asso.Co.Pro. (Associazione Coach Professionisti).

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