Le tue emozioni derivano dai messaggi che dai a te stesso” Burns.

La psicologia abbraccia molteplici approcci e teorie per comprendere il comportamento umano. Tra i vari orientamenti, la psicologia cognitiva e la psicologia comportamentale offrono prospettive complementari e spesso integrate nella comprensione della mente e del comportamento umano.

La Psicologia Cognitiva

Il termine “psicologia cognitivaè stato coniato da Ulric Neisser nel 1967, con la pubblicazione del suo libro fondamentale “Cognitive Psychology”.

La psicologia cognitiva, anche detta cognitivismo, teorizzata intorno al 1967 dallo psicologo statunitense Ulric Neisser, ha come obiettivo lo studio dei processi mentali mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, elaborate, memorizzate e recuperate.

Si tratta di una disciplina che studia gli aspetti del comportamento umano che non possono essere osservati, in quanto mentali, con l’obiettivo di individuare quelle idee che arrivano alla mente e che influenzano il comportamento.

Le scoperte della psicologia cognitiva hanno ampie applicazioni pratiche. Nella psicoterapia, tecniche come la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) utilizzano principi cognitivi per trattare disturbi mentali. Nel campo dell’educazione, la comprensione di come gli studenti apprendono e memorizzano le informazioni ha portato allo sviluppo di strategie didattiche più efficaci. Anche nel design tecnologico, la psicologia cognitiva contribuisce a creare interfacce più intuitive e user-friendly.

Le radici storiche della Psicologia Cognitiva

La psicologia cognitiva nasce negli anni ‘60, dall’esigenza di colmare le lacune della psicologia comportamentale e come risposta alle limitazioni del comportamentismo, che dominava la scena psicologica all’epoca. Il comportamentismo, fondato su studi di Ivan Pavlov, John Watson e B.F. Skinner, si concentrava esclusivamente sul comportamento osservabile e sulle risposte a stimoli esterni, trascurando i processi mentali interni.

La “rivoluzione cognitiva” avviene quando studiosi come Ulric Neisser, considerato il padre della psicologia cognitiva, e altri ricercatori iniziano a mettere in discussione l’approccio comportamentista, sostenendo che per comprendere pienamente il comportamento umano è necessario studiare anche i processi mentali interni. Neisser, nel suo libro “Cognitive Psychology” pubblicato nel 1967, definisce la psicologia cognitiva come lo studio di come le persone acquisiscono, immagazzinano, trasformano e recuperano le informazioni.

Uno degli strumenti più importanti della psicologia cognitiva è stato lo sviluppo di modelli teorici come il modello di memoria a breve termine di Atkinson e Shiffrin, che ha contribuito a spiegare come le informazioni passano da una memoria a breve termine a una memoria a lungo termine. Inoltre, le ricerche sullo sviluppo cognitivo di Piaget hanno offerto una visione approfondita su come i bambini acquisiscono la capacità di pensare e ragionare.

F.C. Barlett, professore all’università di Harvard noto per la sua teoria degli schemi della mente, notò, in seguito ad alcuni esperimenti, che gli individui tendevano a ricordare più facilmente ciò che si allineava con i propri schemi mentali. Jerome Bruner, i cui studi sui processi cognitivi hanno influenzato in maniera importante la pedagogia, soprattutto nell’ambito dell’educazione, ha profondamente influenzato la comprensione dei processi mentali e dello sviluppo cognitivo, fornendo nuove prospettive sull’apprendimento e sull’educazione.

I principi fondamentali della psicologia cognitiva

La mente umana è vista come un sistema che processa le informazioni attraverso una serie di stadi, simili ai processi di input, elaborazione e output di un computer. Gli psicologi cognitivi studiano come le informazioni sono rappresentate nella mente, attraverso modelli mentali, mappe cognitive, e schemi che influenzano il modo in cui interpretiamo e rispondiamo agli stimoli.

La psicologia cognitiva esplora anche come le persone comprendono, producono e acquisiscono il linguaggio. Le ricerche in questo campo cercano di spiegare i processi mentali che permettono la comunicazione verbale e la comprensione linguistica.

La percezione è il processo attraverso il quale gli individui organizzano e interpretano le informazioni sensoriali per dare senso all’ambiente circostante. Gli psicologi cognitivi studiano come i nostri sensi raccolgono informazioni e come il cervello le elabora per formare una rappresentazione coerente del mondo.

La memoria è una componente centrale della psicologia cognitiva, con ricerche che esplorano come le informazioni vengono codificate, immagazzinate e recuperate. I modelli di memoria più influenti includono il modello di memoria a breve termine e a lungo termine di Atkinson e Shiffrin e la teoria della memoria di lavoro di Baddeley e Hitch. Questi modelli aiutano a spiegare come le informazioni vengono immagazzinate e recuperate.

Gli studiosi esaminano come interpretiamo gli stimoli sensoriali, considerando i processi bottom-up (dati sensoriali) e top-down (conoscenze e aspettative pregresse).

La capacità di focalizzare risorse cognitive su specifiche informazioni mentre si ignorano altre è cruciale. Studi sull’attenzione hanno esplorato fenomeni come l’attenzione selettiva e la multitasking. L’attenzione riguarda infatti i processi che permettono di concentrarsi su specifiche informazioni, ignorando altre. Gli studi sull’attenzione cercano di capire come selezioniamo le informazioni rilevanti e come questa selezione influenza il comportamento e l’apprendimento.

La Psicologia Comportamentale

La psicologia comportamentale, o comportamentismo conosciuta anche come behaviorismo, è una corrente che ha dominato la scena psicologica per gran parte del XX secolo. Fondatori come John B. Watson e B.F. Skinner sostenevano che il comportamento umano poteva essere studiato scientificamente solo attraverso l’osservazione dei comportamenti esterni e misurabili piuttosto che sui processi mentali interni. Questa prospettiva ha avuto un impatto significativo sul modo in cui comprendiamo e trattiamo il comportamento umano.

Le tecniche comportamentali hanno trovato applicazione pratica in molte aree, come l’educazione, la terapia comportamentale e la modifica del comportamento.

Le radici storiche della Psicologia Comportamentale

John B. Watson, considerato il fondatore del behaviorismo, ha introdotto l’idea che la psicologia dovrebbe concentrarsi esclusivamente sul comportamento osservabile e misurabile. La sua famosa dichiarazione “Datemi una dozzina di neonati sani e un mondo specifico per allevarli” riflette la sua convinzione che l’ambiente gioca un ruolo cruciale nello sviluppo del comportamento.

B.F. Skinner ha ampliato le idee di Watson, introducendo il concetto di condizionamento operante, che descrive come le conseguenze del comportamento influenzano la probabilità che il comportamento stesso venga ripetuto. Skinner ha anche sviluppato strumenti e tecniche, come la “Skinner Box”, per studiare il comportamento in ambienti controllati.

Il comportamentismo si basa sull’idea che tutti i comportamenti sono acquisiti attraverso il condizionamento. Esistono due principali tipi di condizionamento: il condizionamento classico, scoperto da Ivan Pavlov, e il condizionamento operante, sviluppato da Skinner. Il primo si riferisce all’associazione di uno stimolo neutro con una risposta automatica, mentre il secondo riguarda il rafforzamento delle risposte tramite ricompense o punizioni.

I principi fondamentali della psicologia comportamentale

Basato sui lavori di Ivan Pavlov, il condizionamento classico descrive come uno stimolo neutro può diventare associato a un altro stimolo che provoca una risposta automatica.

Il condizionamento operante, sviluppato da Skinner, si concentra su come le conseguenze di un comportamento (rinforzo o punizione) influenzano la probabilità che il comportamento venga ripetuto. Il rinforzo può essere positivo ed aggiungere uno stimolo piacevole, o negativo rimuovere uno stimolo spiacevole.

Albert Bandura ha introdotto, tramite l’autoefficacia, l’idea che le persone possono apprendere nuovi comportamenti osservando gli altri. Questo principio è illustrato nel suo famoso esperimento della “Bobo Doll”, dove i bambini imitavano comportamenti aggressivi osservati negli adulti.

L’Integrazione dei due approcci: la CBT

Vi è stata una crescente integrazione tra la psicologia cognitiva e quella comportamentale, culminando nella nascita della Terapia Cognitivo-Comportamentale – CBT.

La CBT combina i principi della psicologia cognitiva, che si focalizzano sui processi di pensiero, con le tecniche della psicologia comportamentale, che mirano a modificare i comportamenti, rappresentando un potente strumento per migliorare la salute mentale e il benessere umano, dimostrando che l’unione di teoria e pratica può produrre risultati straordinari.

Che cos’è la CBT

La CBT combina tecniche sia cognitive che comportamentali per trattare una varietà di disturbi psicologici e si basa sull’assunto che i pensieri, le emozioni e i comportamenti siano interconnessi. Modificando i pensieri disfunzionali attraverso tecniche cognitive, è possibile apportare cambiamenti positivi nei comportamenti e nelle emozioni. Questa terapia è diventata una delle forme più efficaci e scientificamente supportate di trattamento per una vasta gamma di disturbi psicologici, tra cui la depressione, l’ansia, i disturbi alimentari e i disturbi post-traumatici da stress.

La CBT è efficace nel trattamento di una vasta gamma di disturbi quali i disturbi d’ansia generalizzata, disturbo di panico, fobie, disturbo ossessivo-compulsivo. Nella depressione maggiori e minori. Nei disturbi del comportamento alimentare: Anoressia, bulimia, binge eating. Inoltre, è efficace nei disturbi di personalità, specialmente il disturbo borderline di personalità.

La CBT si concentra sull’interazione tra pensieri, emozioni e comportamenti, e mira a modificare i pensieri disfunzionali e i comportamenti maladattivi per migliorare il benessere psicologico e si basa sull’idea che i pensieri (cognizioni) influenzino le emozioni e i comportamenti. Modificando i pensieri disfunzionali, si possono alterare le emozioni e i comportamenti negativi. La CBT si concentra principalmente su come i problemi attuali possono essere risolti nel presente restando nel Qui e Ora ed è un processo collaborativo tra terapeuta e paziente. Il paziente è incoraggiato a partecipare attivamente al processo terapeutico attraverso esercizi e compiti a casa. La CBT segue una struttura ben definita e si concentra su obiettivi specifici che il paziente desidera raggiungere.

Le fasi della CBT

Si inizia con la fase della valutazione e della formulazione del caso. Il terapeuta inizia con una valutazione dettagliata dei problemi del paziente, raccogliendo informazioni su pensieri, emozioni e comportamenti. Viene elaborata una formulazione del caso che delinea come i vari aspetti del problema sono interconnessi. Si passa poi alla spiegazione dei principi della CBT e come pensieri, emozioni e comportamenti sono interconnessi per comprendere la logica dietro gli interventi che verranno utilizzati. Il paziente impara così a riconoscere i pensieri automatici negativi che sorgono in risposta a situazioni specifiche.

Il terapeuta lavora poi con il paziente per sfidare e modificare i pensieri automatici negativi. Attraverso tecniche come il dialogo socratico e gli esperimenti comportamentali, il paziente impara a sostituire i pensieri disfunzionali con pensieri più realistici e positivi e aiuta il paziente a identificare i comportamenti che contribuiscono ai problemi e a sviluppare nuove strategie di coping. Tecniche come l’attivazione comportamentale, l’esposizione graduale e il problem-solving vengono utilizzate per modificare i comportamenti problematici. Il paziente impara nuove abilità per gestire lo stress, l’ansia e altri problemi emotivi. Queste abilità possono includere tecniche di rilassamento, mindfulness e gestione del tempo.

Il terapeuta e il paziente lavorano insieme per assicurarsi che i progressi fatti in terapia siano mantenuti nel tempo e che le abilità apprese siano applicate in diverse situazioni della vita quotidiana. Vengono discusse strategie per prevenire le ricadute.

La CBT e il Coaching

La Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) e il coaching sono due approcci distinti utilizzati per aiutare le persone a raggiungere i loro obiettivi e migliorare il loro benessere. Sebbene abbiano alcune somiglianze, come il focus sugli obiettivi e l’utilizzo di tecniche pratiche, differiscono in termini di scopi, popolazioni target e metodologie.

Infatti, sia la CBT che il coaching si concentrano sull’identificazione e il raggiungimento di obiettivi specifici ed entrambi gli approcci cercano di facilitare il cambiamento positivo nei pensieri, comportamenti e abitudini dei clienti.

La CBT e il coaching utilizzano poi esercizi, compiti a casa e altre tecniche pratiche per aiutare le persone a raggiungere i loro obiettivi ed entrambi richiedono una partecipazione attiva e collaborativa tra il cliente e il terapeuta o coach.

La CBT è utilizzata per trattare individui con disturbi psicologici e problemi di salute mentale, il coaching è indirizzato invece a persone che cercano di migliorare le loro prestazioni o raggiungere obiettivi specifici, spesso in assenza di disturbi mentali significativi.

Lo scopo della CBT è trattare e alleviare sintomi psicologici, risolvendo problemi di salute mentale, mentre quello del coaching è migliorare le prestazioni, la crescita personale e lo sviluppo professionale, spesso in un contesto di miglioramento continuo.

Entrambi differiscono anche per quanto riguarda le metodologie: la CBT utilizza tecniche basate sull’evidenza per modificare pensieri e comportamenti disfunzionali, come la ristrutturazione cognitiva, l’esposizione graduale e l’attivazione comportamentale, il coaching invece utilizza tecniche di sviluppo personale e professionale, come il goal setting, il feedback, la pianificazione strategica e la costruzione di competenze.

In alcuni contesti, la CBT e il coaching possono essere integrati per fornire un approccio completo al miglioramento personale e professionale. Un coach può prendere spunto dalla teoria CBT per aiutare i clienti a superare blocchi mentali o paure che ostacolano il raggiungimento dei loro obiettivi. Allo stesso modo, un terapeuta CBT può incorporare strategie di coaching per aiutare i pazienti a sviluppare competenze pratiche e raggiungere obiettivi di vi

Il coaching e la CBT, assieme, possono trovare applicazione in ambito lavorativo, nell’ambito personale e nell’ambito sportivo.

Ti consiglio un libro

Sono numerosi i libri dedicati alla psicologia comportamentale.

Il primo è “La terapia cognitivo comportamentale” di Judith S. Beck, Presidente del Beck Institute for Cognitive Behaviour Therapy e professore associato di Psicologia Psichiatrica alla Scuola di Medicina dell’University of Pennsylvania. La Beck si serve di una paziente ideale, Sally, cui sono affiancati altri casi, per esporre varianti o problematiche particolari su specifici aspetti della psicoterapia.

Il secondo, di Alli Beltrame, “Perché fai così?” è una guida pratica per comprendere i comportamenti apparentemente illogici dei bambini e unisce le intuizioni dei genitori con l’esperienza della terapista neuro psicomotoria Daniela Bruni. Il libro offre un’immersione profonda nello sviluppo neurologico dei bambini, aiutando genitori e operatori sanitari a orientarsi e rispondere a vari comportamenti difficili.