“Se definisci correttamente il problema, quasi hai già la soluzione.” – Steve Jobs
Nel mondo della gestione della qualità, dell’analisi dei problemi e del miglioramento continuo, il diagramma di Ishikawa occupa un ruolo fondamentale. Semplice nella forma ma potente nel metodo, questo strumento permette di indagare a fondo le cause di un problema, strutturandole in modo logico e visivo.
Il Diagramma di Ishikawa, anche noto come diagramma causa-effetto o diagramma a lisca di pesce (fishbone diagram), è uno strumento grafico utilizzato per identificare, esplorare e rappresentare visivamente tutte le possibili cause di un problema specifico.
La struttura del diagramma ricorda una lisca di pesce: l’effetto, cioè il problema da analizzare, è posto alla testa, mentre le ossa principali rappresentano le categorie generali di cause. Da queste si diramano ulteriori sottolische, che descrivono in dettaglio i singoli fattori contribuenti.
Il diagramma è stato ideato da Kaoru Ishikawa negli anni ‘60. Ishikawa è stato un ingegnere chimico giapponese e uno dei pionieri del movimento per la qualità totale (Total Quality Management, TQM). La sua opera è stata fondamentale per lo sviluppo e la diffusione di strumenti di controllo della qualità nelle aziende giapponesi, contribuendo in modo determinante alla crescita dell’efficienza e competitività del Giappone nel dopoguerra.
A cosa serve il diagramma di Ishikawa
“Non basta trovare la causa del problema, bisogna anche individuare le cause radice.” — Ishikawa
Il diagramma di Ishikawa è uno strumento estremamente utile quando si vuole andare oltre le cause apparenti di un problema e analizzarne in profondità le origini. Uno dei suoi principali punti di forza è proprio la capacità di guidare i team nell’esplorazione delle possibili cause, evitando di fermarsi alla prima spiegazione superficiale. Grazie alla sua struttura visiva, aiuta a sviluppare un ragionamento analitico e sistematico, favorendo un approccio più completo alla risoluzione dei problemi.
È anche molto efficace nel favorire il brainstorming in modo organizzato. Durante le riunioni, il diagramma fornisce un riferimento concreto e chiaro su cui costruire il confronto: ogni partecipante può contribuire con idee che vengono poi collocate nelle giuste categorie, rendendo il processo partecipativo e ordinato.
Viene spesso utilizzato nelle fasi iniziali di progetti di miglioramento, come nel ciclo PDCA o nelle metodologie Six Sigma, proprio perché consente di raccogliere e visualizzare rapidamente tutte le potenziali cause di un determinato effetto.
Infine, rappresentare le informazioni in forma grafica rende più semplice comunicare i ragionamenti e le ipotesi emerse, facilitando il confronto sia all’interno del team che con altri livelli dell’organizzazione.
La struttura del diagramma di Ishikawa è tanto semplice quanto efficace. A colpo d’occhio, la sua forma ricorda una lisca di pesce: da qui nasce anche uno dei suoi nomi più noti, diagramma a lisca di pesce.
Alla testa del pesce si trova il problema da analizzare, ovvero l’effetto indesiderato che si vuole comprendere e risolvere. Può trattarsi, ad esempio, di una bassa produttività, di difetti ricorrenti nei prodotti o di ritardi nella consegna. Questo è il punto di partenza dell’intera analisi.
Da qui si diramano le ossa principali, che rappresentano le categorie generali di possibili cause. Nel contesto produttivo, si fa spesso riferimento alle cosiddette 6M, un insieme di sei categorie che aiutano a esplorare sistematicamente ogni aspetto del processo:
- Macchine (Machines): strumenti, impianti, attrezzature.
- Metodi (Methods): procedure operative, istruzioni, modalità di lavoro.
- Materiali (Materials): materie prime, componenti, materiali utilizzati.
- Manodopera (Manpower): operatori, competenze, formazione del personale.
- Misurazioni (Measurements): strumenti di controllo, metriche, dati raccolti.
- Ambiente (Mother Nature / Environment): condizioni ambientali, pulizia, temperatura, umidità.
Da ciascuna di queste categorie si sviluppano ulteriori ramificazioni: sono le cause secondarie e terziarie, ovvero gli elementi più specifici che contribuiscono al problema e che aiutano a costruire un’analisi approfondita. In questo modo, il diagramma non solo fotografa il problema, ma ne scompone le possibili origini in modo chiaro e organizzato, facilitando l’individuazione delle cause più critiche su cui intervenire.
Come fare un diagramma di Ishikawa
“Non si può migliorare ciò che non si misura.” — Ishikawa
Costruire un Diagramma di Ishikawa significa creare uno spazio di analisi strutturata che aiuta a comprendere le cause profonde di un problema. Il processo si articola in diverse fasi, tutte finalizzate a stimolare un pensiero critico e condiviso.
Si inizia con la definizione del problema: questo deve essere espresso in modo chiaro, specifico e soprattutto comprensibile da tutti i partecipanti. È importante che ci sia allineamento nel gruppo su cosa si vuole indagare, che si tratti di una difficoltà operativa, di un risultato insoddisfacente o di una dinamica relazionale poco efficace.
Il passo successivo è l’individuazione delle categorie principali di causa. Nella produzione si usano spesso le 6M (Macchine, Metodi, Materiali, Manodopera, Misurazioni, Ambiente), ma in altri contesti, come quello dei servizi, della formazione o del coaching, si può ricorrere a categorie più adatte, ad esempio: Persone, Processi, Politiche, Prove. In ambito coaching, queste potrebbero diventare: Abitudini, Convinzioni limitanti, Emozioni, Relazioni, offrendo così uno schema personalizzabile sulla base dell’obiettivo di crescita o miglioramento.
A questo punto si avvia un brainstorming guidato, dove ciascuna categoria viene esplorata per identificare tutte le possibili cause che contribuiscono al problema. È una fase preziosa non solo per generare idee, ma anche per stimolare il confronto e portare alla luce aspetti nascosti o sottovalutati.
Le informazioni raccolte vengono poi organizzate visivamente nel diagramma, creando una rappresentazione chiara e immediata delle relazioni causa-effetto. Questo passaggio è particolarmente utile nel coaching, dove l’aspetto visivo aiuta il coachee a “vedere” le connessioni tra comportamenti, pensieri e risultati.
Infine, si passa all’analisi delle cause, per identificare quelle più influenti o ricorrenti. In un percorso di coaching, questo momento rappresenta un’opportunità di consapevolezza: il cliente può riconoscere ciò che realmente ostacola il proprio obiettivo e iniziare a costruire un piano d’azione concreto per superarlo.
L’utilizzo del diagramma di Ishikawa
“La partecipazione di tutti è fondamentale per il miglioramento della qualità.” — Ishikawa
Il Diagramma di Ishikawa è ampiamente utilizzato in vari ambiti, proprio perché si adatta con facilità a contesti molto diversi tra loro.
Nel settore industriale, viene usato per analizzare le cause di difetti di produzione o scarti, aiutando i team a individuare le aree critiche su cui intervenire.
In ambito sanitario, può servire per esaminare errori nei processi clinici, migliorare la sicurezza dei pazienti e rendere più efficienti le procedure operative.
Nel mondo dei servizi, consente di riflettere sulle cause di insoddisfazione del cliente, sui tempi di risposta o su problematiche interne al team.
Anche in contesti educativi, il diagramma aiuta a indagare le difficoltà di apprendimento, i cali di motivazione o i problemi organizzativi di un’istituzione scolastica.
Nel coaching, infine, il diagramma di Ishikawa si rivela un potente strumento per accompagnare la persona in un percorso di riflessione profonda. Può essere usato, ad esempio, per esplorare le cause di uno stallo professionale, di blocchi decisionali, di difficoltà relazionali o di senso di insoddisfazione personale. Aiuta il coachee a mettere a fuoco i fattori interni ed esterni che influenzano una certa situazione e a costruire consapevolmente un cambiamento.
I benefici del diagramma di Ishikawa
“Una grande scoperta risolve un grande problema, ma nella soluzione di qualsiasi problema c’è un pizzico di scoperta.” – George Pólya
Il diagramma di Ishikawa offre numerosi benefici, sia in ambito organizzativo che nei percorsi di miglioramento individuale, come il coaching. È uno strumento semplice ma estremamente efficace, perché aiuta a vedere con chiarezza ciò che spesso resta implicito o confuso.
Uno dei benefici principali è la capacità di rappresentare graficamente la complessità di un problema. Questo consente ai team, o alla singola persona, di avere una visione d’insieme ordinata, facilitando la comprensione delle relazioni causa-effetto.
Il diagramma guida l’analisi in modo sistematico, evitando di soffermarsi solo su ipotesi intuitive o superficiali. Permette di identificare le cause reali, anche quelle meno evidenti, aumentando così l’efficacia delle soluzioni adottate.
Utilizzato in gruppo, favorisce il coinvolgimento di tutti i partecipanti, promuovendo il confronto costruttivo e la condivisione di punti di vista diversi. Questo lo rende uno strumento prezioso nei team interfunzionali e nei processi partecipativi.
Nel coaching, il diagramma diventa un supporto visivo per aiutare la persona a fare ordine tra pensieri, emozioni e dinamiche relazionali. Aiuta a portare alla luce schemi ricorrenti e ostacoli nascosti, stimolando consapevolezza e cambiamento.
Il risultato dell’analisi è facilmente documentabile e condivisibile. Questo è utile sia in contesti aziendali, per comunicare con chiarezza all’interno di diversi livelli organizzativi, sia nei percorsi individuali, per tracciare l’evoluzione del lavoro svolto.
Che si tratti di migliorare un processo produttivo, risolvere un problema organizzativo, comprendere un’insoddisfazione professionale o affrontare una sfida personale, il diagramma di Ishikawa può essere adattato al contesto e agli obiettivi specifici.
L’uso del diagramma di Ishikawa nel coaching
“Non possiamo risolvere i nostri problemi con lo stesso livello di pensiero che li ha creati.” – Albert Einstein
Anche se il diagramma di Ishikawa nasce in ambito industriale, il suo potenziale va ben oltre la qualità dei processi produttivi. Sempre più spesso viene integrato anche nel coaching, soprattutto quando è necessario analizzare situazioni complesse o blocchi ricorrenti.
Nel coaching, il diagramma viene utilizzato in particolare da figure come il business coach, il career coach o il team coach. In questi ambiti, infatti, le problematiche affrontate dal cliente sono spesso il risultato di una molteplicità di fattori, difficili da districare senza un supporto visivo o uno schema logico. Per esempio, un manager può arrivare in coaching dicendo di sentirsi bloccato, di non riuscire a delegare o di non ottenere i risultati attesi con il proprio team. Qui, il diagramma di Ishikawa aiuta a non fermarsi alla prima spiegazione (o alla prima lamentela), ma ad approfondire tutte le cause potenziali che contribuiscono al problema.
Il processo inizia con la definizione chiara del nodo da sciogliere. Il coach lavora insieme al coachee per formulare il problema in modo specifico: non basta dire “non riesco a essere efficace“, bisogna capire dove, quando e in che modo si manifesta questa difficoltà. Una volta chiarito il focus, si passa alla fase successiva: individuare le categorie di cause che possono influire. In ambito aziendale, si possono usare categorie come persone, processi, comunicazione, leadership, strumenti.
Se si lavora su aspetti più personali, il coach può proporre voci come abitudini, convinzioni, emozioni, relazioni.
Con queste categorie in mente, inizia il brainstorming: il coach guida il cliente (o il team) nell’identificare tutte le possibili cause legate a ciascuna area. Il bello del diagramma è che permette di visualizzare tutto questo in modo ordinato, tracciando le connessioni tra fattori che magari, fino a quel momento, il cliente non aveva mai messo in relazione tra loro. La mappa che si crea è uno specchio fedele della complessità della situazione, e proprio per questo diventa un punto di partenza prezioso per il cambiamento.
L’analisi delle cause porta spesso a intuizioni profonde. Il coachee inizia a vedere con maggiore chiarezza dove intervenire, cosa modificare, e quali elementi sono sotto il suo controllo. A questo punto, il lavoro si sposta sul piano pratico: quali azioni posso mettere in campo, da subito, per agire su ciò che ho scoperto? Il coach sostiene il cliente nella definizione di un piano coerente e realistico, partendo proprio dalle cause principali evidenziate nel diagramma.
Questo approccio funziona molto bene anche nel team coaching, dove il diagramma diventa un mezzo per facilitare il confronto tra i membri di un gruppo. In un clima guidato e collaborativo, si possono esplorare insieme i fattori che limitano la performance, la motivazione o la comunicazione. Il valore aggiunto sta proprio nella co-creazione della mappa: ogni partecipante contribuisce alla comprensione del problema, e insieme si definiscono le priorità su cui agire.
Come diventare business coach
“La chiave del successo è aiutare le persone a scoprire e usare il loro potenziale.” – John Whitmore
Diventare coach professionista è un percorso che richiede una solida formazione, specializzazione e un impegno costante nel miglioramento delle proprie competenze. Per chi desidera specializzarsi nel campo del business coaching, esiste la possibilità di seguire un percorso formativo riconosciuto da realtà come Master Coach Italia (MCI), che offre un percorso strutturato dedicato proprio a questa disciplina.
Attraverso un programma formativo specifico, MCI permette di acquisire competenze approfondite nelle aree chiave del business coaching: leadership, gestione delle performance, sviluppo delle soft skills e dinamiche di team. Questo tipo di formazione non solo fornisce le basi teoriche, ma mette anche a disposizione strumenti pratici e tecniche efficaci per supportare manager, imprenditori e professionisti nel raggiungimento dei loro obiettivi.
Una volta completato il percorso con MCI, è possibile ottenere una certificazione che attesta la preparazione acquisita e consente di essere riconosciuti come coach professionisti. Questo riconoscimento è importante perché garantisce la qualità del servizio offerto e consente l’accesso alle principali associazioni di categoria, che tutelano gli standard etici e professionali del coaching.
Inoltre, intraprendere la carriera con una formazione di questo tipo offre l’opportunità di entrare in una rete di professionisti e di partecipare a momenti di aggiornamento continuo, fondamentali per mantenere vive le competenze e rispondere efficacemente alle esigenze in evoluzione del mondo del lavoro.
Ti consiglio un libro
“Non possiamo cambiare ciò che non riconosciamo, e non possiamo riconoscere ciò che non esploriamo.” – Anonimo
L’e-book “Come strutturare il percorso di Coaching” del Coach Adamo, direttore della Scuola di Coaching MCI è una guida pratica, basata sulla sua esperienza decennale. Il Coach Adamo illustra in modo chiaro le cinque fasi fondamentali che caratterizzano un percorso di coaching efficace. Ogni fase è spiegata nei dettagli, con indicazioni su come riconoscerla e applicarla, e corredate da domande potenti che aiutano a guidare il cliente verso il cambiamento e il raggiungimento degli obiettivi.
È uno strumento prezioso per chiunque voglia accompagnare un coachee con metodo e consapevolezza, senza trascurare gli aspetti essenziali che garantiscono il successo del percorso. Che tu sia un coach alle prime armi o un professionista che desidera migliorare la propria pratica, questa guida ti sarà di grande aiuto.
Scuola di Coaching Master Coach Italia
Il nostro percorso formativo “Scuola di Coaching MCI” è riconosciuto da Asso.Co.Pro. (Associazione Coach Professionisti).
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