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Veronica e la follia

Ispirato dal libro Veronica decide di morire di Paulo Coelho

 

Quante volte abbiamo pensato di essere pazzi?
Quante volte ci hanno detto che siamo pazzi?
E quante volte abbiamo pensato che gli altri sono pazzi?

Non mi riferisco al concetto medico/scientifico su cui non mi esprimo, non avendone competenza.

Mi riferisco al modo di dire, al senso di inadeguatezza che percepiamo quando chiamiamo qualcuno pazzo, al senso di incomprensione che proviamo quando ci sentiamo chiamare pazzi.

Il romanzo “Veronica decide di morire” di Paolo Coelho è ambientato a Villette, una clinica privata per malati di mente, in Slovenia nel 1997, tempo in cui dilagava la cultura conservatrice. La diversità mal tollerata e rinchiusa in ghetti.

Avvicinandomi allo scrittore ho capito che…

Grazie alla lettura di questo romanzo, ed ai suoi personaggi ho potuto avvicinarmi un pochino a questo mondo pieno di misteri, perchè nonostante la scienza, la mente umana rimane ancora oggi un grandissimo mistero per moltissimi aspetti.

La riflessione più importante che si è insinuata nei miei pensieri è che troppo spesso e talvolta in maniera inconsapevole, dimentichiamo la forma, l’aspetto, l’essenza del nostro vero io solo perchè non corrisponde al riflesso prescelto da chi ci circonda.

Ed è questo sacrificio (o questa scelta quando è consapevole) che dà origine alla infelicità che a sua volta causa conseguenze anche estreme.

Veronica rappresenta benissimo questa idea, apparentemente non ha nessun problema se non il “male di vivere”.

Gli archetipi comuni

Interessanti anche gli altri personaggi, tutti che esprimono metafore e archetipi molto comuni:

Zedka, depressa perchè non accettata dalla società, cosa accadrebbe se lei si accettasse?

Mari, avvocato, caduta nel groviglio di regole, leggi e regolamenti al punto di soffrire di attacchi di panico, ma quanto è giusto applicare qualcosa che si contraddice e si contraddice ancora? quanto vale una trasgressione per rimanere fedeli a noi stessi?

Eduardt, schizzofrenico, isolato a intermittenza in un’altra realtà, ed è proprio lui che dal suo mondo ha afferrato per mano Veronika riportandola a “casa”.

Quella casa che anche grazie all’escamotage del dott. Igor, Veronica impara ad apprezzare e ad amare.

Il dott. Igor aveva fatto credere a Veronika che la sua vita sarebbe terminata dopo pochi giorni, ed è con questa consapevolezza che la protagonista si scrolla di dosso tutte le sovrastrutture culturali e mentali e si concede di conoscere e conoscersi, di emozionarsi, disperarsi, appassionarsi e amarsi.

Cosa voglio condividere

Sono davvero milioni le riflessioni che possono nascere, l’idea che voglio condividere con voi lettori è che la “follia” può liberare, l’accettazione della diversità (propria e degli altri) può salvare, guardare il nostro vero IO è un bellissimo sentiero tutto da esplorare e vivere, oggi, nel qui ed ora, istante dopo istante.

Se noi accettiamo noi stessi nessuno potrà farci sentire inadeguati e saremo liberi, liberi di vivere e di essere felici! Solo noi possiamo salvare noi stessi!

In conclusione, il senso di inadeguatezza e l’incapacità di comunicare il nostro vero Io è qualcosa che molti di noi hanno provato, e se vi dicessi che è solo un pizzico di “follia”, un seme che tutti abbiamo, che effetto vi farebbe? E che effetto vi fa sapere che solo noi siamo gli artefici della nostra felicità?

Maria Carducci
(Responsabile Area Legale e Contabile MCI)