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«Noi siamo fatti per trovare un ordine, modelli e significati nel mondo. Per questo troviamo il caso e il caos del tutto insoddisfacenti. La natura umana rifugge l’imprevedibilità e la mancanza di senso». (Thomas Gilovich, nel suo “How we know what isn’t so: The fallibility of human reason in everyday life”).

Una storia ben raccontata è capace di mettere ordine agli accadimenti della nostra vita, ma anche di assegnarci un ruolo e attribuirci un senso! Per questo ci raccontiamo storie.

Quello che SIAMO non dipende solo da ciò che siamo, ma anche da ciò che ci RACCONTIAMO di essere. La nostra crescita personale, il nostro benessere e successo, dipendono (anche) dalla relazione che riusciamo a instaurare tra la realtà e il racconto che facciamo a noi stessi rispetto a quella realtà. Questa costruzione di senso attraverso le storie che raccontiamo a noi stessi e agli altri – rispetto a ciò che ci accade – risponde ad una delle domande più importante che l’essere umano si pone: qual è il senso?

Per rispondere in maniera adeguata a questa domanda il racconto della nostra storia deve soddisfare alcuni bisogni specifici che, insieme, danno struttura e forma al racconto stesso.

Lo psicologo sociale Roy Baumeister ha individuato i 4 bisogni fondamentali che il racconto di una esistenza deve possedere per suscitare un senso di compiutezza e pregnanza.

  1. Il primo bisogno di ogni autobiografia è quello della “finalità”. Dobbiamo avere la sensazione che tutti gli eventi, le decisioni e gli accadimenti della nostra vita siano tra loro collegabili, per un fine ed uno scopo ben preciso. Il racconto della nostra esistenza deve soddisfare questo bisogno profondo. I nostri sogni, le nostre passioni, i nostri talenti, ma anche i nostri incidenti e fallimenti devono poter essere inseriti in una catena di causa/effetto per poter superare l’idea di caos e attribuirsi – piuttosto – un senso comune.
  2. Il secondo bisogno che deve soddisfare la nostra personale STORIA è la capacità di “giustificare” ciò che ci raccontiamo. Dobbiamo avere la sensazione di “essere nel giusto” e di poter inserire gli eventi della nostra vita in una sorta di codice morale personale. Tutto quello che ci è accaduto deve essere congruente con i nostri valori più profondi e radicati.
  3. Il terzo bisogno è quello dell’ “efficacia”. La nostra STORIA di vita deve sembrarci efficace, dobbiamo avere la sensazione che le nostre azioni siano capaci di “fare la differenza”, di avere un impatto su ciò che riteniamo buono e di incidere sulla possibilità di far avverare ciò che più desideriamo. Questo bisogno è importante, perché ci consente di essere motivati e determinati. In caso contrario, l’idea di non poterci fare nulla e di NON avere la possibilità di incidere sulla nostra realtà, ci demotiverebbe e ci spingerebbe alla perdita di senso.
  4. L’ultimo bisogno fondamentale che la narrazione della nostra personale STORIA di vita deve soddisfare per poter generare senso deve essere il “valore di sé”. Nella storia della nostra esistenza dobbiamo sentirci come degni di valore e di apprezzamento. Il nostro racconto deve farci sentire non soli amati, ma anche amabili!

Quindi, il RACCONTO che creiamo sulla nostra esistenza deve avere una finalità, uno scopo, un senso in cui tutto è collegabile (1), deve soddisfare i nostri valori (2), ci deve far sentire efficaci (3) e deve farci sembrare amabili.

In uno studio su soggetti infartuati, Glenn Affleck e colleghi, hanno analizzato la reazione dei pazienti dopo sette settimane dall’ evento, seguendone, poi, il decorso per gli otto anni successivi. Ciò che emerge è che la maggioranza di coloro che hanno saputo trarre una lezione positiva, un insegnamento, coloro che sono riusciti a dare un senso all’ infarto subito, dopo otto anni mostrano uno stato di salute migliore con una probabilità significativamente più bassa di recidiva. Risultati per molti versi simili emergono da uno studio guidato da Julienne Bower su soggetti recentemente informati di una diagnosi di positività all’ HIV. Tra questi, coloro che riescono a vivere l’evento con un atteggiamento costruttivo e positivo, coloro che hanno scoperto un senso nella vicenda, che ne hanno tratto un insegnamento, per così dire, mostrano, dopo molti anni, un tasso di mortalità significativamente inferiore rispetto a coloro che non sono riusciti a dare un senso all’ esperienza della malattia.

Pertanto, il processo di costruzione di senso attraverso la narrazione appare importante per il modo in cui ciascuno di noi vive e affronta gli eventi negativi e le oggettive difficoltà che la vita spesso ci presenta.

Essere capaci di dare un senso alle cose, anche agli eventi più traumatici e difficili, ha come conseguenza non solo una migliore salute psicologica, ma anche una migliore salute fisica.

Mental Coach Pasquale Adamo
(Direttore Scuola di Coaching MCI e
creatore del metodo CAMBIA LA TUA STORIA®)