Joe Luft e Harry Ingham sono due psicologi che proposero nel 1955 la finestra di Johari. “Johari” deriva da un gioco di parole con le iniziali dei nomi dei due psicologi.

La finestra di Johari è uno strumento interpretativo utilizzato per osservare/agire in contesti di comunicazione interpersonale, di dinamica di gruppo o tra gruppi.

Lo schema è composto da un quadrato suddiviso in quattro quadranti.

Come è fatta la finestra di Johari

Il primo quadrante, chiamato “arena“, rappresenta le informazioni che sono note sia al soggetto che agli altri. In questo senso è anche definita come area pubblica.

Il secondo quadrante, chiamato la “facciata“, comprende le informazioni che la persona conosce di sé, ma che gli altri non sanno: è anche detta area privata.

Nel terzo quadrante, chiamato “punto cieco“, le informazioni sulla persona sono note agli altri, ma non alla persona stessa. L’unico modo che la persona ha per acquisire informazioni in questa area cieca è attraverso il feedback diretto degli altri.

Il quarto quadrante, chiamato “ignoto“, rappresenta le informazioni sconosciute sia al soggetto che agli altri. L’accesso alle informazioni della “area ignota” raramente può avvenire per vie dirette, perché le informazioni dell’area ignota non sono formalizzate e non nascono con un intento comunicativo da parte di nessun soggetto/gruppo coinvolto.

Quando ci poniamo di fronte ad una o più persone siamo disposti a rivelare alcune cose di noi (so e dico), ma non altre (so ma non dico), a dire cose che sappiamo e a tacerne altre. Tuttavia posso serbare dentro di me cose che ho dimenticato o di cui non sono consapevole (non so e non dico), o rivelare mio malgrado cose di cui non sono consapevole, ma che gli altri interpretano bene (non so e dico). È questo il caso in cui mi sfugge una frase involontaria, o sono tradito da un rossore, un tremore, un atteggiamento, un comportamento.

A cosa serve la finestra di Johari

Tramite questo schema, i due autori analizzano molteplici dinamiche di gruppo. Infatti, lo schema permette sia una più corretta osservazione delle dinamiche gruppali e del loro evolversi, sia di poter indirizzare le dinamiche di gruppo verso alcune specifiche evoluzioni.

Ad esempio: il soggetto che si trova in un ambiente favorevole tende a ridurre il quadrante della facciata, aprendosi di più agli altri, ad esempio a vantaggio dell’arena, e quindi a mostrare agli altri più aspetti della propria personalità, piuttosto che a mascherarsi (facciata) o ad attivare inconsapevoli processi inconsci di difesa mal gestiti (punto cieco).

Cosa indica la finestra di Johari?

Il quadrante in alto a destra è l’arena, il campo di gioco, il comportamento dell’io aperto che è consapevole di ciò che sa, pensa, vuole, e si esprime apertamente con gli altri. Il quadrante in alto a sinistra è la facciata, l’aspetto esteriore che non sempre corrisponde a ciò che c’è dietro, è la maschera pubblica. Il quadrante in basso a destra è il punto cieco, una zona psichica che sfugge all’io, ma si manifesta a sua insaputa e indipendentemente dalla sua volontà. Il quadrante in basso a sinistra è l’ignoto, ciò che resta nascosto sia a noi che agli altri, il subconscio.

La finestra si applica sia alla comunicazione verbale che a quella non verbale e ai comportamenti individuali e sociali. L’io aperto si mostra con gesti volontari, modo di vestire, atteggiamenti pubblici. L’io inconscio e l’io occulto si rivelano con atteggiamenti involontari, ma ben decifrabili da chi ci osserva.

Il modello è utile per comprendere le dinamiche di gruppo, ma anche per rapporti a due, nella gestione del conflitto e nella negoziazione.

Probabilmente, per conoscersi e aumentare il proprio livello di consapevolezza dobbiamo estendere il quadrante in alto a destra (“io aperto”), riducendo gli altri.

Coach Adamo (Direttore Scuola di Coaching MCI)