Alla ricerca di noi stessi

Le persone come me, estremamente organizzate, concentrate su ogni dettaglio, maniache del controllo, della risoluzione dei problemi, devono sapere.

Devono sapere che per quante terapie, anni di psicoanalisi e percorsi, bisogna arrendersi ad una sola realtà. Non possiamo controllare i fatti e non possiamo farli accadere nonostante ci sforziamo con tutta la volontà che custodiamo.

E’ lasciando il porto sicuro che andiamo alla ricerca di noi stessi.

Sapere questo comporta lasciare andare un piccolo pezzo di sé, un pezzo al quale siamo aggrappati da tempo per molti motivi e che ci rende quello che siamo.

Cambiare noi stessi

Spesso crediamo di poter cambiare gli altri, cambiare situazioni, cambiare eventi che ci fanno soffrire, continuando a utilizzare gli stessi meccanismi che hanno creato il disagio.

In realtà siamo noi che dobbiamo cambiare.

Il cambiamento fa paura. E perché dovremmo cambiare? Perché dovremmo lasciare il porto sicuro, seppure doloroso, per andare verso mete oscure, lontane e minacciose?

E se la meta finale fosse invece un oasi di serenità? Perché non cercarla?

Quell’oasi non è poi così lontana. Quell’oasi siamo noi, è dentro di noi. Alla ricerca di noi stessi troveremo quel posto dove poter restare in ascolto.

Andare oltre i propri confini

Come tutti i luoghi desiderati, per raggiungerla occorre andare oltre i propri confini, attraversare deserti in solitaria, tempeste e sole cocente.

Necessita di una resa totale e avere una grande fiducia nella realizzazione della propria natura.

Ed è proprio questa la parte complessa, a tratti dolorosa.

Accettare la propria natura, il proprio Sé

Arrendersi, ammettere in maniera difficile l’ineluttabilità delle cose, degli eventi, delle perdite, accettando che non esiste il solo IO ma esiste anche il Sé.

Occorre aprirci ad un crescere. Smettere di forzare conclusioni e avere un atteggiamento di chiusura, vivendo nel passato. Smettere di provare rabbia, insicurezza e tensione per situazioni di disagio, rifiutando il conflitto interiore.

Il primo passo è distaccarsi emotivamente con consapevolezza, evitando di essere travolti da stati d’animo, sapendo che c’è e siamo anche dell’altro, restando così disponibili a lasciare che la vita faccia il suo corso senza trattenere o scappare.

La verità è che le cose accadono

Riappacificarsi con se stessi è il primo passo per vivere in onestà restando in contatto con la nostra natura.

Ed è lasciando andare l’attaccamento, il potere, la sicurezza e la relazione che si attiva il desiderio.

Ed è attraverso il desiderio che riscopriamo chi siamo, è grazie alla trasformazione dei nostri attaccamenti che apprendiamo la consapevolezza. Di chi siamo, dei nostri potenziali e del nostro desiderio di ritrovarci e ritrovarsi.

La consapevolezza è anche la perdita di persone, di lavori, di eventi, per poi avere più libertà senza perdere la nostra individualità.

Resto affascinata da come il desiderio alla fine sia la sola volontà a rimanere. Il desiderio sotto tante forme.

L’arte del Kintsugi

E penso all’antica arte giapponese del kintsugi. La ceramica, rompendosi, prende nuova vita attraverso le linee di frattura dell’oggetto che diventa ancora più pregiato. Grazie alle sue cicatrici. Il kintsugi è l’arte di abbracciare il danno, di non vergognarsi delle ferite senza buttare ciò che si rompe. Si deve tentare di recuperare e, nel farlo, si guadagna.

Nella vita di ognuno di noi bisogna far fronte in maniera positiva a eventi traumatici. Crescere attraverso le proprie esperienze dolorose, valorizzarle, esibirle e convincersi che sono proprio queste che rendono ogni persona unica, preziosa.

Grazie alla Dott.ssa Laura Conte e a Master Coach Italia che, attraverso il webinar “Diventa ciò che sei: alla ricerca del daimon interiore” tenuto il 29 ottobre 2020, ci hanno indicato la strada per diventare noi stessi ritrovandoci.

Fabrizia Pavetto
(Partecipante webinar “Diventa ciò che sei: alla ricerca del daimon interiore”)