“L’invidia è l’arte di contar le fortune degli altri invece delle proprie.” — Harold Coffin
Quando si parla dei sette Vizi Capitali spesso si pensa automaticamente alla loro accezione morale e religiosa. È infatti attraverso la lente del Cristianesimo e della teologia medievale che questi concetti sono stati tramandati fino a noi, soprattutto grazie alla forza simbolica e letteraria della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Nella Divina Commedia, Dante struttura l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso sulla base dei peccati e delle virtù. I vizi capitali occupano un ruolo centrale nella sua visione dell’Inferno e, in parte, del Purgatorio. Essi non sono semplici colpe, ma espressioni della libertà mal utilizzata, dell’anima che si è smarrita in sé stessa. Il viaggio di Dante è quindi un percorso di riconoscimento, redenzione e superamento, molto vicino al cammino che una persona affronta anche in un percorso trasformativo come quello del coaching.
Ma i vizi capitali, sebbene siano considerati peccati nella tradizione religiosa, sono in realtà anche delle rappresentazioni archetipiche di atteggiamenti umani profondi, che possono essere osservati, compresi e trasformati anche nel lavoro su di sé, come avviene in un percorso di coaching.
I vizi capitali non nascono con il Cristianesimo. Tracce della loro riflessione si trovano già in Aristotele e in altri pensatori dell’antichità, che cercavano di comprendere come certe inclinazioni umane potessero deviare dal giusto mezzo e generare squilibri. Con il passare dei secoli, questi atteggiamenti sono stati codificati come vizi perché si riteneva che portassero l’essere umano ad allontanarsi da Dio e dalla propria natura più autentica.
Nel mondo contemporaneo, però, possiamo fare un passo oltre la lettura moralistica: i vizi capitali diventano segnali. Sono spie accese sul cruscotto della nostra vita interiore. Indicano squilibri, bisogni frustrati, paure, difese e automatismi che ci governano senza che ne siamo del tutto consapevoli.
Quali sono i sette vizi capitali
- Lussuria
- Gola
- Accidia
- Invidia
- Avarizia
- Superbia
- Ira
Quale è il significato dei 7 vizi (o peccati) capitali
“Chi troppo vuole nulla stringe.” — Proverbio (legato all’avidità e alla gola)
I sette vizi capitali, comunemente noti anche come Sette Peccati Capitali, hanno un significato più profondo rispetto a quello trasmesso tradizionalmente, ad esempio nel contesto del catechismo. La loro origine è molto più antica: troviamo tracce della loro esistenza già negli scritti di Aristotele, ben prima che fossero formalizzati nella teologia cristiana.
I peccati capitali originariamente erano otto. È stato San Gregorio Magno, nel VI secolo, a ridurli a sette unificando vanagloria e superbia, e fondendo tristezza e accidia. Quindi la versione che oggi conosciamo è una sintesi successiva.
In realtà, i Vizi Capitali non nascono con l’intento di condannarci o farci provare senso di colpa per i nostri errori. Il loro significato originario non è moraleggiante, ma piuttosto esplorativo: essi rappresentano indicatori, segnali interiori che ci permettono di osservare da vicino le dinamiche profonde che ci abitano e che influenzano il nostro modo di pensare, di scegliere e di vivere.
Visti da questa prospettiva, i vizi capitali diventano strumenti di consapevolezza: non ci parlano tanto di giusto o sbagliato, ma ci aiutano a riconoscere le inclinazioni interiori che possono limitare la nostra libertà e condizionare, spesso inconsapevolmente, il nostro percorso personale e relazionale. Comprenderli non significa giudicarci, ma iniziare un lavoro di esplorazione di sé, con l’obiettivo di evolvere e trasformare le nostre abitudini mentali ed emotive.
Il significato dell’Avarizia
“Non è ricco colui che possiede molto, ma colui che desidera poco.” — Epitteto
L’avaro è colui che ha smesso di dare: Soprattutto, ha smesso di dare se stesso fino in fondo. Potrebbe dare molto di più, ma per paura di perdersi, ha smesso di farlo. Per questo, l’avaro è solo. La soluzione è tornare a dare, dare pienamente.
Nel Cristianesimo l’avarizia, proprio perché porta chi ne è travolto a mettere le ricchezze al di sopra di tutto, è considerata una forma di idolatria: il denaro prende il posto di Dio.
Il significato della Lussuria
“La lussuria, come il fuoco, consuma tutto ciò che tocca.” — Dante Alighieri
Nella lussuria riduciamo gli altri – e noi stessi – in un oggetto. Se hai messo per ultimo questo vizio capitale, allora, stai vivendo solo in parte la tua vita, le tue relazioni, i tuoi sentimenti. Devi recuperare tutti gli altri aspetti.
Nel Cristianesimo la persona lussuriosa ha un egoistico amore di sé che la porta all’indifferenza o negazione dell’amore altrui: persegue infatti il piacere sessuale a ogni costo, indifferentemente dal male recato agli altri.
Il significato dell’Invidia
“La più grande ricchezza è il desiderio di ciò che si ha.” — Epicuro
L’invidia ti spinge a desiderare quello che vogliono gli altri. Scegli i tuoi obiettivi e fai le tue scelte, non sulla base di quello che è importante per TE, davvero, ma per quello che vogliono gli altri. Hai smesso di scegliere e hai perso la tua libertà per questo. L’invito è quello di, ovviamente, tornare a capire quello che desideri davvero, senza condizionamento da parte degli altri e riprenderti i tuoi spazi di scelta.
Nel Cristianesimo, l’invidia è un vizio capitale perché, come la superbia, porta all’eccessivo amore di sé a scapito dell’amore fraterno e dell’amore per Dio, creando così una grande possibilità per l’azione del male.
Il significato della Superbia
“La superbia è l’origine di tutti i peccati.” — San Tommaso d’Aquino
Avendo un’idea di sé smisurata e sentendosi superiore agli altri, il superbo pensa che non ne valga la pena. Dietro alla superbia c’è la paura di scoprire che, in realtà, si è molto meno di quello che si pensa. Pertanto, il superbo preferisce pensare che “non ne vale la pena”, così da non correre il rischio di essere smentito.
Nel Cristianesimo, il peccato di superbia è considerato il peggiore dei sette vizi capitali, poiché radice di ogni altro peccato e perché, quando portato ai suoi massimi estremi, porta il superbo a ritenersi addirittura eguale o superiore a Dio, con il conseguente disprezzo del Suo Amore e del Suo Ordine. È il peccato di Lucifero, l’origine della sua caduta dal Cielo.
Il significato della Gola
“La gola non si sazia mai.” — Ovidio
Il goloso ha perso il rapporto con quello che gli piace davvero. In questo caso, devi ripensare a quello che ti piace davvero e chiederti se è la cosa migliore per te.
Nel Cristianesimo l’ingordigia porta all’essere schiavi di ciò che si vuole inghiottire oltre che a limitare l’attenzione allo spreco come forma di amore verso il prossimo. Per questo e per la mancanza di rispetto dell’Ingordo nei confronti dell’Ordine divino, esso è considerato dal Cristianesimo come un peccato capitale.
Il significato dell’Ira
“Non lasciarti mai vincere dall’ira, perché il perdono è la forza più grande.” — Martin Luther King Jr.
L’ira ti spinge a voler avere a tutti costi ragione. L’iracondo è colui che pensa sempre di avere ragione. Ti arrabbi proprio perché pensi di avere ragione. Chi pensa di avere ragione non ha bisogno di scoprire, di prendere in considerazione altro, di aprirsi, di muoversi, di confrontarsi. L’iracondo è fermo!
Nel Cristianesimo l’ira è un sentimento improvviso e violento suscitato dal comportamento di persone o da avvenimenti, esso rimuove i freni inibitori che presiedono le scelte del soggetto coinvolto. L’ira o il furore è un brusco impulso che offusca la mente e il cuore, a favore dei bassi istinti.
Il significato dell’Accidia
“L’accidia è la morte dell’anima.” — Sant’Agostino
Hai smesso di essere. Non sei più TU. Devi recuperare la tua vera essenza.
Nel Cristianesimo l’accidia è un male dell’anima che si manifesta come negligenza e indifferenza della persona che ne soffre, a cui si aggiunge un sentimento di tristezza e soprattutto di noia nel vivere la vita. Egli nutre disinteresse verso ogni forma di iniziativa o di azione, immerso com’è nel suo torpore malinconico.
Ogni vizio ha una sua virtù opposta, infatti ad ogni vizio capitale corrisponde una virtù che può bilanciarlo:
Superbia → Umiltà
Invidia → Benevolenza
Ira → Pazienza
Accidia → Diligenza
Avarizia → Generosità
Gola → Temperanza
Lussuria → Castità
I 7 vizi capitali come strumento di autoanalisi e crescita personale
“I sette vizi capitali sono come ombre nella mente; solo la luce della consapevolezza può dissolverle.” — Autore sconosciuto
Oltre alla loro tradizionale interpretazione religiosa o morale, i i sette vizi capitali vengono sempre più riconosciuti come chiavi di lettura interiori, vere e proprie lenti attraverso cui osservare noi stessi, le nostre dinamiche, i nostri limiti e i nostri bisogni più profondi. In questo senso, diventano strumenti di autoanalisi potentissimi, capaci di restituirci un’immagine più autentica della nostra interiorità.
Nel coaching, nella psicologia del profondo e nella filosofia esistenziale, questi vizi non sono visti come colpe, ma come manifestazioni di squilibri o meccanismi di difesa. Ogni vizio rappresenta una deviazione da un bisogno legittimo, che però è stato frustrato, negato o gestito in modo disfunzionale. Ad esempio:
- L’ira può nascondere un forte bisogno di giustizia o di essere ascoltati, che non trova un canale di espressione sano.
- L’invidia può rivelare un senso di insoddisfazione verso la propria vita e la difficoltà a riconoscere e valorizzare i propri talenti.
- L’accidia, spesso associata alla pigrizia, può celare una profonda perdita di senso, una disconnessione tra ciò che facciamo e ciò che realmente desideriamo.
- La superbia, dietro la sua maschera di forza, può essere una risposta alla paura del fallimento o del giudizio, un modo per evitare il rischio della vulnerabilità.
Riconoscere quale vizio domina una fase della vita non significa colpevolizzarsi, ma piuttosto indagare da dove nasce quel comportamento, quali paure lo alimentano, e quale parte di noi cerca attenzione, cura o guarigione. In questo senso, ogni vizio può diventare una porta d’ingresso verso un percorso trasformativo.
Nel coaching umanistico, ad esempio, si lavora proprio su questi blocchi: il coach non giudica, ma accompagna il coachee nell’esplorazione di ciò che ostacola il suo potenziale, aiutandolo a riconoscere i meccanismi interiori, trasformare la consapevolezza in azione e recuperare coerenza tra chi è e chi vuole diventare.
In definitiva, i sette vizi capitali non sono semplicemente delle debolezze, ma mappe simboliche. Se affrontati con onestà, curiosità e apertura, ci offrono l’occasione per una crescita profonda e autentica. Non si tratta di eliminarli, ma di comprendere il messaggio che contengono: dietro ogni vizio, c’è un valore da riscoprire, una ferita da guarire, un potenziale da liberare.
Esercizio: come riconoscere le dinamiche interiori che ci influenzano
“I vizi capitali sono le radici di ogni male, ma riconoscerli è il primo passo verso la virtù.” — Anonimo
Esplorare i meccanismi profondi che condizionano le nostre scelte, i nostri comportamenti e persino le nostre emozioni non è un’impresa semplice. Spesso, ciò che ci muove davvero agisce sotto la soglia della consapevolezza: si tratta di impulsi, paure, bisogni nascosti che operano in silenzio, ma con grande potere.
Durante il laboratorio “Intelligenza Emotiva e Competenze Trasversali” tenutosi presso l’Università di Bari, ai partecipanti è stato proposto un esercizio semplice ma molto efficace, che ora condivido anche con te. È un piccolo esperimento di autoanalisi che ti aiuterà a portare alla luce il vizio capitale che, in questo momento della tua vita, esercita su di te la maggiore influenza.
Esercizio:
- Pensa a una domanda importante: Scegline una che da tempo ti porti dentro. Può riguardare una scelta da fare, una difficoltà ricorrente o qualcosa che senti bloccato nella tua vita.
Focalizzati su quella domanda. - Scrivi, senza rileggere, i sette vizi capitali: Non tornare all’elenco precedente: prova a ricordarli così come ti vengono in mente. Questo passaggio è fondamentale, perché si basa sulla memoria emotiva e non su quella logica.
- Osserva qual è l’ultimo vizio che hai scritto — o quello che hai dimenticato.
Proprio quello, l’ultimo o il mancante, è molto probabilmente il vizio che in questo momento ti sta influenzando maggiormente. È lì che si nasconde un messaggio importante legato alla tua domanda iniziale.
Perché funziona?
Questo semplice esercizio funziona perché mette in gioco l’inconscio. La difficoltà nel ricordare un vizio (o il suo posizionamento in fondo alla lista) non è casuale: spesso ciò che ci influenza di più è anche ciò che rimuoviamo, evitiamo o temiamo di guardare. Portarlo alla luce significa iniziare a sciogliere un nodo interiore.
Una volta individuato il vizio capitale che ti riguarda in questo momento, potrai leggerne il significato profondo e capire quale dinamica interiore potrebbe averti limitato fino a oggi.
Ma fai attenzione: non saltare subito alla lettura dei significati. Concediti il tempo di svolgere davvero l’esercizio, altrimenti rischi di perdere il vero potenziale trasformativo che contiene.
Il coaching come cammino di consapevolezza
“I sette vizi capitali sono specchi in cui l’uomo vede la sua vera natura.” — Anonimo
Il coaching può entrare in relazione con il tema dei vizi capitali. Un coach, infatti, non giudica né corregge: accompagna il cliente in un viaggio di esplorazione interiore, aiutandolo a identificare i modelli che lo limitano, le convinzioni radicate e i comportamenti ripetitivi. In altre parole, un percorso di coaching può far luce su “vizi” interiori che non sono colpe, ma automatismi.
Ad esempio:
Un coachee che tende a imporsi sempre e a non ascoltare potrebbe essere guidato ad esplorare la propria ira o superbia.
Una persona bloccata, che non agisce, può lavorare sulla accidia, andando a ritrovare il proprio senso.
Chi si paragona costantemente agli altri può essere guidato ad accogliere la propria invidia come punto di partenza per ridefinire desideri autentici.
Attraverso strumenti come il dialogo socratico, le domande potenti, il pensiero sistemico o persino il diagramma di Ishikawa (per l’analisi delle cause profonde), il coach supporta la persona nel trasformare ciò che la trattiene in un’occasione di crescita personale e consapevolezza.
Come diventare un coach
“La battaglia più difficile è quella contro i propri vizi.” — Seneca
Diventare coach con Master Coach Italia (MCI) significa intraprendere un percorso serio, riconosciuto e pensato per chi desidera fare del coaching una professione, o semplicemente acquisire competenze evolute nella relazione d’aiuto e nella gestione del cambiamento. MCI propone un iter formativo strutturato, completo e soprattutto accessibile anche a chi parte da zero, senza una formazione specifica pregressa nel campo del coaching.
Il percorso per diventare coach con MCI ha una durata di circa quattro mesi e prevede 88 ore di formazione, distribuite in appuntamenti settimanali. La modalità è flessibile: è possibile seguire il corso online o, laddove previsto, in presenza, così da venire incontro alle esigenze di chi lavora o ha altri impegni. Questo rende la formazione facilmente conciliabile con la vita quotidiana. L’approccio è estremamente pratico: le lezioni si basano su casi reali, esercitazioni, simulazioni di sessioni e feedback costanti, per imparare a gestire fin da subito una relazione di coaching in modo efficace.
La Scuola MCI è riconosciuta da Asso.Co.Pro. (Associazione Coach Professionisti), e questo garantisce un allineamento agli standard della professione, utile sia per chi vuole accedere a un riconoscimento professionale, sia per chi desidera semplicemente acquisire strumenti potenti per il lavoro, la vita o la crescita personale. Durante il percorso, si affrontano non solo i fondamenti teorici del coaching, ma anche le tecniche di comunicazione efficace, la gestione delle emozioni, il metodo per accompagnare una persona verso il raggiungimento dei propri obiettivi, oltre a strumenti specifici per la trasformazione e il cambiamento.
Una volta terminata la formazione base, è possibile anche scegliere di approfondire ambiti più specifici come il life coaching o il business coaching, grazie a percorsi di specializzazione offerti dalla scuola. L’obiettivo è quello di formare coach completi, in grado di adattare gli strumenti e il metodo al contesto in cui operano.
Ti suggerisco un libro
“I vizi capitali sono ombre dell’anima che, se riconosciute, possono diventare luce per la crescita personale.” – Vito Mancuso
Una lettura particolarmente interessante per chi si occupa di coaching e desidera approfondire il tema dei sette vizi capitali è il libro “I vizi capitali e i nuovi vizi” di Vito Mancuso. Questo testo offre una riflessione moderna sui classici sette vizi interpretandoli come archetipi delle dinamiche interiori che influenzano le nostre emozioni, comportamenti e decisioni. Comprendere queste dinamiche è fondamentale nel coaching, poiché permette di riconoscere i blocchi emotivi e mentali che spesso ostacolano la crescita personale e professionale del cliente.
In questo contesto, l’e-book “Comunicazione Analogica e Coaching” proposto da Master Coach Italia si integra perfettamente, approfondendo come il linguaggio non verbale e la comunicazione analogica siano strumenti potenti per il coach. La capacità di cogliere segnali inconsci, espressioni e movimenti corporei permette di accedere a livelli più profondi della comunicazione con il cliente, facilitando la scoperta di quei “mondi interiori” dove risiedono spesso i vizi interiori e le resistenze al cambiamento.

Direttore Scuola di Coaching MCI, Creatore del metodo Cambia la Tua Storia®, Founder MovimentoTalento, Facilitatore Teoria-U, Creatore del Coaching Canvas. Presidente Asso.Co.Pro.