Per lungo tempo si è pensato che l’intelligenza umana fosse una capacità unitaria, misurabile con un unico parametro: il famigerato QI (quoziente intellettivo). Ma le più recenti scoperte in ambito neuroscientifico e psicologico stanno rivoluzionando questa visione, aprendo la strada a un modello molto più articolato e realistico: l’intelligenza è multipla, distribuita e adattiva.

Scopriamo in questo articolo di cosa si tratta e cosa si intende per intelligenza multipla, distribuita e adattiva.

L’illusione di un’unica intelligenza

Fino a pochi decenni fa, il concetto dominante era che l’intelligenza potesse essere quantificata in modo univoco, utile per valutare attitudini scolastiche, professionali e persino sociali. Tuttavia, oggi questa visione appare riduttiva. Il cervello umano non funziona come una macchina monolitica, ma come una rete complessa di sistemi interconnessi, ciascuno specializzato in compiti diversi.

La teoria delle intelligenze multiple

Il modello delle intelligenze multiple, proposto dallo psicologo Howard Gardner, ha introdotto l’idea che esistano diversi tipi di intelligenza: linguistica, logico-matematica, spaziale, musicale, corporeo-cinestetica, interpersonale, intrapersonale e naturalistica. Ognuna risponde a bisogni specifici e si manifesta in contesti differenti.

Il modello di intelligenze multiple è così importante che il Coach Adamo l’ha utilizzato per creare la mappa del talento, utilizzandola per orientare attraverso il talento e riconoscere il talento. Questo utilizzo delle intelligenze multiple anche in altri ambito conferma, ulteriormente, la presenza di una intelligenza distribuita, adattiva ed estesa.

Questa visione trova oggi nuova linfa grazie alla ricerca neuroscientifica, che conferma come le funzioni cognitive non siano localizzate in un solo punto del cervello, ma distribuite in più aree. La cognizione umana emerge dall’interazione dinamica tra diversi “moduli” cognitivi.

Cervello modulare e intelligenza diffusa

Il neuroscienziato Stanislas Dehaene sottolinea come il cervello sia composto da moduli cognitivi altamente specializzati, che si attivano in sinergia a seconda della situazione. Questo spiega, ad esempio, perché possiamo essere brillanti nella risoluzione di problemi logici, ma meno abili nella gestione delle emozioni, o viceversa.

In questa prospettiva, l’intelligenza non è un singolo tratto, ma un ecosistema di abilità cognitive, emotive, relazionali e sensoriali. È questa varietà che rende l’essere umano straordinariamente adattabile e creativo.

Il cervello come rete: la rivoluzione della connettività

Oggi si parla di connettività cerebrale: il cervello è composto da reti neurali dinamiche che collaborano per eseguire anche le funzioni più semplici. Ogni funzione cognitiva – che sia risolvere un problema, ricordare un volto, o prendere una decisione – non coinvolge mai un solo punto, ma una combinazione di aree distribuite, spesso situate in regioni cerebrali molto distanti tra loro.

Un esempio importante è la default mode network (DMN), una rete cerebrale attiva quando siamo in stato di riposo mentale, coinvolta nell’introspezione, nella memoria autobiografica e nella proiezione nel futuro. Oppure la salience network, che aiuta a identificare gli stimoli più rilevanti tra tutte le informazioni che riceviamo.

Insomma, la nostra intelligenza oltre ad essere multipla e diffusa, è, anche, dinamica.

L’idea di mente estesa

L’idea di mente estesa, proposta dai filosofi Andy Clark e David Chalmers, ci offre un’ulteriore prospettiva sulla complessità dell’intelligenza umana e su come essa sia alimentata da diversi elementi, dinamiche e fonti.

Il concetto di mente estesa suggerisce che la mente non è confinata all’interno del cervello di un individuo, ma può estendersi anche all’ambiente esterno. Nella concezione tradizionale, i pensieri si creano all’interno della nostra mente ed è solo la nostra mente a elaborare le informazioni. Con il concetto di mente estesa, invece, possiamo identificare ulteriori quattro diversi piani di cognizione: Embodied (cognizione incarnata), Embedded (cognizione situata), Extended (cognizione estesa) e enacted (cognizione agita). A questo riguardo, è possibile approfondire il Social Presencing Theater come strumento per esplorare questi diversi piani di cognizione.
Insomma, l’idea di mente estesa ci suggerisce che la nostra intelligenza e la nostra capacità di cognizione è complessa, poichè attinge da molteplici fonti.

Intelligenza artificiale vs intelligenze umane

Questa nuova comprensione dell’intelligenza ha implicazioni anche per il mondo dell’intelligenza artificiale. I sistemi di IA, per quanto avanzati, tendono ancora a replicare solo alcune funzioni cognitive umane, come la logica o il linguaggio. Tuttavia, non riescono a eguagliare la complessità integrata delle nostre molteplici intelligenze. Ad oggi, l’IA può essere un assistente potente, ma la vera intelligenza resta quella umana, nella sua molteplicità e profondità.

Verso una nuova educazione e comprensione di sé

Comprendere e valorizzare la pluralità delle intelligenze ha un impatto profondo su educazione, lavoro e crescita personale. Ogni individuo ha un mix unico di intelligenze, che merita di essere riconosciuto e sviluppato. Il futuro della formazione non potrà più basarsi su un unico parametro valutativo, ma dovrà abbracciare la diversità cognitiva come un valore. Inoltre, questo mix unico di intelligenze si sposa benissimo con l’approccio del coaching e la metodologia del coaching che prevede, appunto, il massimo rispetto per l’unicità del coachee (cliente) e una ricerca costante del suo potenziale.