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Sviluppare la Leadership praticando la Gentilezza

“Be strong and be kind”Siate forti e siate gentili” diceva negli scorsi mesi in piena pandemia la Prima Ministra neo-zelandese Jacinta Ardern. In una situazione di emergenza, in controtendenza rispetto ad altri leader mondiali, ha promosso uno stile di leadership compassionevole e forte. Gentile, soprattutto. Uno stile di leadership focalizzato sull’empatia: i suoi messaggi sono chiari, coerenti e, contemporaneamente, sobri, tranquillizzanti. Il suo approccio non si è limitato solo ad avere un effetto tranquillizzante a livello emotivo sulle persone, ma ha funzionato anche molto bene a livello pratico.

Come si fa ad essere forti e gentili al tempo stesso? E soprattutto, come si fa ad essere gentili nell’emergenza, quando la prima priorità è risolvere, andare avanti veloci, guidare gli altri? Chi ha tempo per la gentilezza? Chi ha, veramente, la forza per essere “anche” gentile?

Ci hanno insegnato che la forza è qualcosa di “muscolare” e “decisionista”, che muove le cose contro tutto e contro tutti, ma c’è di più. E così, pacatamente, il nostro concetto di leadership viene rivoluzionato.

Avere cura dell’altro

Il termine inglese “kind” vuole anche dire essere premurosi. La premura è una forma di cura dell’altro: la leadership proposta è dunque una leadership “che si prende cura di”.

Perché proprio oggi dovrebbe servire questo modello di leadership, quando la complessità della realtà da gestire sembra aumentare esponenzialmente? Per “prendersi cura” bisogna infatti fare spazio all’altro: alle sue paure ed incertezze. E’ facile riuscire a farlo istintivamente con un figlio o con un compagno. Ma con i colleghi o con tutti coloro che “dipendono” dalle scelte di un leader, come si fa?

Tanti esperti del tema non amano la parola “leadership” proprio per questo: perché continua a rappresentare un insostenibile scenario in cui “uno guida e tutti gli altri seguono”.

Fino a qualche tempo fa il modello di leadership dominante era infatti orientato ad un individualismo molto accentuato, con un grande focus sulla performance, sulla competizione. Una “leadership egoica”. L’esatto contrario di una “leadership gentile” che si basa sul “Noi”, sul senso di condivisione e sull’idea di gruppo. Una visione che vede il bene comune come fine ultimo, con un profondo senso di interconnessione. Concetto che si è sviluppato ancora di più in questo periodo storico; la pandemia ci ha fatto capire che è vincente un approccio collettivo, dove il bene di ognuno è legato al bene di tutti. Un insegnamento che occorre sapere cogliere e mettere a frutto.

La gentilezza come arma potente

Nella crisi emerge ancora più forte l’evidenza che è impossibile che uno solo abbia risposte per tutti gli altri. Il leader ha l’occasione di conquistare una più profonda dimensione di impatto: può veramente fare la differenza per le persone, proprio praticando la gentilezza.

Una gentilezza che è l’espressione, attraverso gesti concreti, di almeno tre capacità:

1) La capacità di riconoscere “la persona” e di dargli priorità; decidere consapevolmente di dargli il giusto spazio, allenando la capacità di empatia: da questa dipende infatti la sopravvivenza della nostra specie, in cui nessun individuo può farcela da solo. Decidere persino, ove necessario, di rallentare per aspettare chi è rimasto indietro; decidere di avere “pazienza”.

2) La capacità di ascoltare e mettersi a servizio; saper dare gli strumenti e stimolare le persone perché risolvano da sé le difficoltà, anche promuovendo la “responsabilità emotiva”. Spesso i leader esitano ad aprire la porta delle emozioni con i collaboratori. Perdendo così l’occasione di creare spazi di ascolto attivo in cui poter esprimere le proprie emozioni in sicurezza, riappropriandosi dell’energia emotiva necessaria ad innescare il processo di auto-guarigione.

3) La capacità della consapevolezza e cura di sé, di introspezione ed ascolto interiore. Partendo da questa connessione profonda e autentica, il leader lavora per la realizzazione profonda di tutte le persone e di sé stesso. Ha profondamente a cuore il BENE degli altri, riconosce i valori che gli sono più vicini, li celebra, trasformando l’ambiente in un laboratorio di valori. E’ dunque profondamente ispirante per le altre persone, perché è connesso col significato e il proposito della sua VITA.

Se desideri approfondire l’argomento, puoi scaricare gratuitamente la guida alla leadership.

Chiara Morini
(Coach e Docente MCI)