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A SCUOLA DI MOTIVAZIONE E GESTIONE RISORSE CON  GIANLUIGI BUFFON

E’ martedì 18 OTTOBRE 2016. Partita serale. Si gioca fuori casa per il girone di Champions League, contro l’Olympique Lyonnaise. E’ della Juventus che scrivo oggi, ma non per parlare di sport (soltanto).

Il protagonista del mio articolo di oggi è lui, il numero 1 al mondo dei portieri: Gianluigi Buffon.

38 anni e quasi più di 20 anni di onorata carriera.

Il caso?

Gianluigi Buffon ha sbagliato. Due volte e in modo importante.

Prima con la nazionale con una papera clamorosa con la Spagna (e forse ANCHE con la Macedonia) che costa il goal alla squadra italiana durante le fasi preliminari di qualificazione ai mondiali e poi contro l’Udinese IN CAMPIONATO, facendosi passare una palla a dire di molti “nello stile di parata Buffon”.

E in Italia, giornalismo e allenatori del buon vento si sono accaniti a sancire la FINE del numero 1, decretando la sua iperbole in discesa.

Infondo, ha circa 40 anni e anche Dino Zoff alla sua età aveva già qualche cedimento che lo portò a ritirarsi.

Fin qui, parliamo di fatti, di errori tecnici, di calcio che si fa commentare.

Quello però che mi ha colpito di questa vicenda NON è tanto l’accanimento verso un professionista che – di fatto – NON si può più permettere di sbagliare. Era già successo ad altri dopo gli infortuni, se ci penso. Campioni decretati morti. Una critica spietata per i risultati che rendono un handicap a squadre e società.

Magari due o tre volte di seguito. La crisi, forse la fine.

Fin qui, ancora calcio, ancora statistiche e ancora professionali opinioni – perché tali sono – che cercano di volta in volta una conferma in campo.

Quello che mi ha colpito di questa situazione che ha come protagonista GIANLUIGI BUFFON è il fatto che LUI, un professionista ponderato, capitano della Juventus, abbia realizzato interviste a fine partita contro l’O.L. martedì 18 Ottobre facendo trasparire un sentimento specifico: rabbia.

E questo non perché lui abbia sbagliato. Tutt’altro. Lui, il numero 1 (in decadenza?), nel frattempo nella partita che conta fa qualche miracolo: para un rigore, poi due palle goal praticamente già fatte. E la Juventus, in 10 per esplusione di Lemina, termina gli ultimi pesanti 20 minuti di partita in 10, vincendo 1 a 0 fuori casa (goal di Cuadrado) anziché 3 a… Sarebbe stata forse un’altra partita.

Ed eccolo lì, Gianluigi Buffon, che di fronte ai giornalisti sbotta e ne dice un po’ al mondo che lo ha criticato. Ma non ce l’ha con il fatto che abbia tecnicamente sbagliato. No.

E’ un professionista onesto e non proverà nemmeno a negare i suoi errori. Gigi Superman Buffon – come amano chiamarlo i tifosi – si sfoga di fronte a tutte le telecamere e sempre in modo composto, ribadendo un concetto: “potete criticare come gioco, il dato tecnico. La critica è costruttiva, ci mancherebbe. Sarei uno stupido se non dessi valore alle critiche per migliorare. E le accetto finchè le critiche rimangono sulla tecnica e il gesto tecnico. Se poi le critiche sfociano in ambiti privati, allora non ci sto più. Questo non ha nulla a che fare con la mia vita privata.”

Eccolo lì. Il motivo della rabbia.

Gigi Buffon la rende nota direttamente a chi critica NON su motivi tecnici reali (e c’erano tutti).

Qui la vita e l’identità di un professionista sono diventati un cocktail per vendere le copie dei giornali. Perché la vita privata di Gigi Buffon parla sui tabloid neanche fosse Beautiful.

E lui non ci sta. E fa bene.

E A PENSARCI BENE: A TE STA BENE QUANDO RICEVI CRITICHE PER COSE CHE HAI FATTO, MESCOLANDOCI DENTRO ELEMENTI DELLA TUA VITA PRIVATA?

Pensaci e forse trovi subito empatia con Buffon. Che nel frattempo, consegna una bella lezione di feedback, gestione delle persone e motivazione. Tutto in una intervista arrabbiata.

Perché non accade solo a lui. Quello che Buffon ha vissuto è infinitamente COMUNE nella tua azienda, tra le persone e in particolare durante la verifica dei risultati.

Vuoi sapere qual è l’errore più comune compiuto in fase di verifica dei risultati di un collaboratore o agente o venditore da parte del suo direttore o responsabile?

Bene, esattamente quello che è accaduto a Buffon. Partire dalla valutazione dei risultati attaccando l’identità della persona, la sua vita privata (anche in modo velato) pesando la persona anziché i risultati.

Il feeback è uno strumento fondamentale per potere MOTIVARE in modo ottimale le risorse umane e i collaboratori. E’ efficace per rifinire e definire obiettivi, e monitorarli. E richiede fasi specifiche e grande attenzione. MAI ANDARE SULL’IDENTITA’.

Le PERSONE hanno caratteristiche e si presentano in un certo modo, ma vanno “giudicate” su ciò che realizzano in termini di risultati. Durante le fasi di verifica o affidamento degli obiettivi, troppe volte la direzione si concentra su una CRITICA alla persona partendo con il verbo “TU SEI STATO…”.

Sembra banale ma è fondamentale. Essere è un verbo particolarmente pesante in certe occasioni e partire in fase valutativa dal “COME SEI STATO”, piuttosto che dal “COSA HAI REALIZZATO” può fare una enorme differenza in termini di motivazione e apprendimento dalle esperienze negative.

Le regole per dare un feedback e gestire al meglio i risultati dei collaboratori sono ben precise e vanno osservate in modo ottimale da chi dirige, SE VUOLE OTTENERE il MEGLIO dalle sue risorse.

NON SI IMPARA DAGLI ERRORI SE CON GLI ERRORI CI SI IDENTIFICA.

Si impara quando gli errori vengono trasformati in risultati (non positivi, ovviamente).

Nel prossimo articolo, ti parlerò di COME DARE UN FEEDBACK EFFICACE per MANTENERE O INNALZARE i livelli di MOTIVAZIONE dei TUOI COLLABORATORI.

Intanto, se desideri scoprire come motivare e gestire le Risorse Umane, compila il form che segue:


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