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Il libro del mese si chiama “Grinta” di Angela Duckworth. È ascrivibile alla categoria dei libri di potenziamento personale, il secondo ed il terzo capitolo infatti, si occupano di come sia possibile far crescere la Grinta. Il primo capitolo,  ci spiega invece cosa sia: per capirlo, dobbiamo soffermarci sul sottotitolo del libro: “Il potere della passione e della perseveranza”; la Grinta è quindi un mix di queste due caratteristiche personali che nel libro trovano una definizione precisa e puntuale, smascherando anche alcuni luoghi comuni relativi ai due termini. Più in generale, potremmo dire che la grinta è quella particolare caratteristica personale che possiamo allenare e migliorare per ottenere dei successi. L’autrice la separa dal talento, definito come la caratteristica biologica, innata che ci predispone ad avere successo velocizzando la curva di apprendimento in un determinato campo o settore, senza -da solo- permetterci di raggiungerlo.

La prefazione di Luca Mazzucchelli è molto interessante. Lui è uno psicoterapeuta milanese molto attivo sui canali social, dedito a tutto quel filone iniziato negli anni ’60  chiamato “psicologia positiva”.

Di seguito le parti, a mio avviso, più rappresentative del libro:

Da questo primo estratto si possono evincere diverse riflessioni; che cercherò sinteticamente di estrapolar:

  • l’autrice è una docente e ricercatrice di psicologia che conduce numerosi progetti di ricerca e pubblicazioni a riguardo;
  • per spiegarci cos’è la grinta ci racconta anche molto della sua storia personale, della sua famiglia, dei suoi incontri e di come, dagli incontri, abbia poi messo in piedi dei veri e propri progetti di ricerca;
  • ma la cosa più importante che si evince, è che l’impegno conta il doppio e questo non per modo di dire ma anche in senso logico-matematico. Perché l’impegno ci serve sia per formare un’ abilità, ma anche per portala a livelli tali da condurci a dei successi. Ovviamente la grinta ha a che fare proprio con l’impegno.

 

Questo pezzo merita una spiegazione in più. L’autrice, durante le sue ricerche, va a visitare la squadra di football americano dei Seahawks per fare loro una lezione teorica sulla Grinta e per “imparare” da loro la pratica della Grinta, in particolare dal loro coach Pete. Dopo la lezione, appunto, la Duckworth riceve la domanda sopracitata.

Le cose che mi vengono in mente leggendo questo pezzo sono:

  • che il premio, o la promessa di un premio, da soli non bastano, quasi mai. E questo non vuol dire per forza non avere la motivazione o la voglia di fare qualcosa ma spesso non avere gli strumenti per immaginare e fare le mosse giuste;
  • l’altra cosa che subito mi è balzata agli occhi è l’idea di stare accanto a qualcuno che sbaglia. Spesso si pensa che tutti abbiano gli strumenti per capire o poter fare quello che desiderano e che quindi il tossicodipendente che ricade nella droga, l’alcolista che ricade nell’alcool, un adolescente che commette continuamente bravate o il nostro coniuge che cede costantemente all’ira, non vogliano cambiare o che comunque non ci sia più nulla da fare. In realtà, il coach Pete ci dice che nonostante il premio messo in palio, è proprio nell’errore che bisogna stare vicino ai propri, figli, amici, coniugi, pazienti senza deresponsabilizzarli ma sostenendoli e co-progettando le “mosse” giuste.

Questo è l’ultimo pezzo che vi proporrò ed è quello secondo me più bello e toccante, in cui l’autrice ci fa entrare dentro la sua famiglia e ci spiega come tenta di creare un ambiente fertile per la Grinta. Le regole si commentano da sole; faccio giusto due cenni:

  • il primo è a quello che l’autrice chiama pratica deliberata” che di fatto è un tipo particolare di esercizio che ci permette di prevedere chiaramente il passaggio allo step successivo di apprendimento. Essa prevede ovviamente una pratica metodica e costante;
  • l’altro cenno, riguarda l’importanza che viene data alle attività extracurricolari: lo yoga per la Mamma, la corsa per il Papà, per le bambine ci sono il ballo e studio della viola. Il punto è che le attività extracurricolari hanno un’importanza pivotale, più di quelle accademiche, per la crescita della Grinta  e questo è spiegato molto bene nel terzo capitolo.

 

Cosa prendo e cosa lascio

Prendo l’energia, la tenacia e l’irrefrenabile determinazione che oltre ad essere spiegate teoricamente in maniera eccellente, si respira dalla storia personale di Angela Duckworth. E’ impressionante  il numero di incontri, colloqui e  ricerche che l’autrice apporta a testimonianza del suo libro.

Con questo libro lascio il talento al suo posto! Cioè quello di una parte che non potrà mai diventare tutto. Viviamo invasi da Talent-show che parlano impropriamente del talento come la caratteristica determinante per avere successo, in realtà conta la metà della Grinta.  Sarebbe bellissimo, se gli stessi programmi venissero mutuati in Grit-show. Lì ad essere premiati sarebbero  la capacità di imparare dai propri errori, di gestire le crisi, e non la predisposizione ad essere un “personaggio telegenico”. Uno Show dove la capacità di rialzarsi dopo un insuccesso e i piccoli traguardi raggiunti con tenacia e consapevolezza prendono il posto delle varie iperboliche performance televisive. Lascio tutto questo, non perché “sento dentro di me che sia la strada giusta” ma perché le teorie esposte nel libro sono concettualmente sistematiche. Si accompagnano speculazioni logico-filosofiche a dati statistici ma soprattutto perché, come in tutti gli approcci maturi, c’è il posto per ammettere i limiti delle proprie teorie e per porsi domande che diventeranno nuovi progetti di ricerca.