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Tutto ciò che vale la pena di essere vissuto merita lo sforzo di alzarti almeno in punta di piedi.

Non so se ci avevi mai pensato, ma ora mi viene in mente nitida un’immagine.

Hai presente quando eri bambino, piccolo, decisamente sotto statura per raggiungere qualsiasi cosa fosse di tuo interesse, vagamente diverso dal solito.

Ok, hai ragione. Praticamente tutto.

Certo, sapevi già muovere qualche passo, ma alzarsi in punta di piedi per guadagnare quei centimetri era uno sforzo sovrumano che potevi ripetere per pochi secondi – eternità da eroi, per quanto potevi saperne da bambino. E non ci arrivavi a prendere quell’infernale aggeggio di cui scarsamente conoscevi il nome!

Certo, il tutto nel buio assoluto o magari lontano dagli sguardi di mamma e papà, così pronti a fermarti verso la scalata e la conquista della vetta.

Non ricordo se nella mia immaginazione o nella mia storia personale – o nella tua – avessi delle scarpe ai piedi. Onestamente non so nemmeno quanta importanza potessero avere.

La cosa importante era solo raggiungere la vetta.

Quei centimetri che ti separavano dall’oggetto della ricerca, della sfida, che erano tra te e il tuo desiderio.

Deve essere cominciata così per ciascuno di noi, per te, per me.

Quella spasmodica estensione verso qualcosa che stava ineluttabilmente in alto: un po’ come le stelle in cielo, o le nuvole per Heidi, o il sole per Icaro.

Insomma, il desiderio faceva da molla per muoverci verso l’alto, con tutto il nostro apparato motorio, ogni singolo muscolo pur di scoprire e raggiungere quell’oggetto.

Che importava se sarebbe poi stato utile: nemmeno sapevi cosa fosse.

Già, il desiderio da bambini è tutt’altra cosa. È scoperta, è vitalità, è tensione, persino capriccio.

Penso ad oggi però.

E mi viene in mente un’altra immagine.

Hai presente cosa vorrebbe dire oggi stare in punta di piedi?

Non intendo con le falangi piegate. No. Intendo proprio in punta di piedi, come una ballerina.

Non mi fraintendere, non sto dicendo che parlerò di danza ora: voglio solo che tu per un momento veda nella tua testa i piedi di una danzatrice classica professionista nelle sue leggiadre scarpette.

E immagini quanto duro lavoro, quanta fatica, quanto sudore e quante piccole lesioni possano essere conservate sotto la pelle e nelle articolazioni e nei muscoli perché un salto leggiadro, elegante e pulito possa essere compiuto come fosse naturale, come fosse volare.

Te lo chiedo non tanto perché voglio portare la tua attenzione alla fatica dell’allenamento – forse un po’, dai concedimelo.

Tuttavia voglio davvero farti entrare nella loro fisionomia, quella di quei piedi, per raccontarti una cosa che ha a che fare con il desiderio, e con i vorrei, voglio, non ci riesco, non posso e i non mi succederà mai.

 

Sai, nella mia vita di coach non sto spesso in punta di piedi, ma qualche volta mi ci metto. Appositamente.

Certo non sono una ballerina. Ma mi ci metto.

E ci penso a cosa voglia dire stare in punta di piedi.

Non solo con i piedi, no.

Con tutto il corpo. Con le gambe tese, il torace verso l’alto, le braccia tese verso l’alto e anche lo sguardo verso l’infinito. Verso quelle stelle, quell’Everest di casa… e perché no verso il collo di mamma, papà…e magari verso quello della persona che ami.

Ti accompagno in questa metafora perché voglio svelarti una piccola semplice cosa: il desiderio può di fatto realizzarsi, ma ha bisogno di maturare, di crescere, di diventare grande.

Troppo spesso siamo ancora lì, nei fotogrammi dei ricordi di bambino o di bambina che cerchiamo di afferrare qualcosa che pensiamo di volere, ma che non sappiamo assolutamente a cosa servirà, né se servirà.

E allora sarà il caso di diventare danzatori nella nostra vita e di iniziare a pesarle quelle punte.

A capire che quando cerchiamo e desideriamo qualcosa deve essere molto nitido nella nostra mente e nel nostro corpo, perché sia l’una che l’altro compiranno molti sforzi, sacrifici, movimenti, sprecheranno infinite quantità di energia e talenti pur di raggiungere quel desiderio.

Potrai avvertire persino dolore in alcuni momenti di fatica, perché costa un desiderio che vuole trasformarsi.

Non viene naturale se non dopo molto lavoro, impegno, passione, chiarezza, cuore.

 

Ed è qui che voglio portarti: alla sbarra dell’allenamento mentale, di fronte al gigantesco specchio di questa palestra di vita.

Perché quando sei davanti al tuo desiderio ci sei solo tu: tu nelle tue scarpe, tu in equilibrio, tu attento a raggiungerlo. E dovesse cascarti dalle mani o in testa non ci sarebbe nessuno a consolarti, a riparare i cocci, a guarirti, a ragguagliarti… solo tu. Nessun Everest domestico. Solo tu.

Perciò, puoi usare queste domande per sincerarti che ogni tuo desiderio valga quella sfida, quel tentativo, quel fulgore negli occhi che ti piaceva sentire brillare da bambino:

 

Cosa vuoi veramente?
Cosa ti anima davvero?

 

Queste sembrano domande semplici – e lo sono – ma il loro senso puoi sceglierlo solo tu.
Probabilmente, ti chiederai anche se quel desiderio che segui è nella direzione giusta, se è davvero quello il tuo destino.
E magari penserai anche che quel disagio conservato in fondo allo stomaco non è proprio compatibile con il desiderio di fare ciò che vuoi. Perché ti hanno insegnato che quando i desideri sono veri non scottano, non fanno dolore.

Eppure, ricordati di guardare lo specchio. Siamo come danzatori, ballerini impavidi del nostro destino. E i piedi, quando lavorano e stanno sulle punte in equilibrio molto tempo bruciano e si sollevano.

Ti sollevano.
Come il bacio ad un amore.
E puoi rendertene conto, puoi iniziare a saltare come un ballerino che segue il volo nel suo salto verso la leggerezza.
Per questo è importante conoscere il proprio corpo, i suoi messaggi fino in fondo.

È con quello che parla il desiderio, quello di una visione più grande che si incontra con il nostro senso di vivere.

E se ancora non lo hai incontrato, sentito, provato, tastato, calpestato, sempre lui, il corpo farà in modo di darti una mano a ritrovarlo.

Stomaco, viscere, cuore, tutti gli organi si organizzeranno insieme al respiro, si accorceranno e si affaticheranno perché ciò che ci appartiene come il desiderio di essere chi siamo pretende di essere ascoltato.

Se non altro, pretende quel gesto… sì, quello: alzarsi sulle punte con lo sguardo verso l’alto per cominciare a vederlo, sentirlo, abbracciarlo… finalmente.